CRONACA

Alcol ai minorenni: non basta una legge, serve coscienza. E un po’ di coraggio.

Succede ogni estate, puntualmente, come un copione che ormai conosciamo fin troppo bene. Le piazze si riempiono, la musica si alza, le feste animano i centri delle nostre città. Ed è bello, giusto, necessario. Ma c’è un lato di queste serate che continua a inquietare: troppi ragazzi, troppo giovani, con un bicchiere in mano. Spesso il primo. A volte non l’ultimo.

Anche in Basilicata, nelle ultime settimane, sono stati segnalati casi di abuso di alcol tra minorenni. Non parliamo di un sorso nascosto o di una trasgressione isolata, ma di vere e proprie ubriacature, accessi al pronto soccorso, risse sfiorate, e mattine da dimenticare. Il tutto, con una facilità disarmante: birre vendute senza controllo, cocktail serviti senza domande, bottiglie passate di mano in mano come fosse acqua.

E allora viene spontaneo chiedersi: dov’erano gli adulti?

Perché la legge c’è. Chi gestisce un bar o un locale lo sa bene: è vietato somministrare alcol ai minori di 18 anni. Non è un’opinione, è un obbligo. Ma se quella legge resta lettera morta, se non c’è nessuno a farla rispettare, se chi dovrebbe vigilare si gira dall’altra parte per non rovinare “l’atmosfera”, allora diventa una scatola vuota.

La verità è che non servono eroi, ma adulti presenti e coerenti. Un gestore di locale che chiede un documento non è un guastafeste. È un professionista serio. Un cameriere che dice “no, sei troppo giovane” non fa il moralista, ma il suo dovere. E un genitore che educa al rispetto del proprio corpo e dei propri limiti non è severo, è solo qualcuno che ha a cuore il futuro dei suoi figli.

Certo, i controlli da parte delle forze dell’ordine sono importanti. Le multe devono esserci, così come i provvedimenti quando si viola la legge. Ma la prima vera barriera dovrebbe essere fatta di responsabilità, non solo di repressione.

Perché dietro ogni bicchiere concesso senza pensarci, c’è un rischio. Un malore, un incidente in motorino, una decisione sbagliata presa in stato alterato. E c’è anche qualcosa di più sottile: l’idea, pericolosissima, che tutto sia permesso, che nessuno dica mai di no, che gli adulti siano solo comparse.

Allora sì, è tempo di fare qualcosa. Magari partendo da poco: da una richiesta di documento, da una scelta più coraggiosa dietro al bancone, da un dialogo in più tra genitori e figli.

La festa può – anzi, deve – continuare. Ma serve che sia una festa vera, sicura, che lasci bei ricordi e non rimpianti. E per farlo, serve la collaborazione di tutti. A partire da noi adulti.

R.P.

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