
Il potere, si sa, ha le sue regole, e talvolta è la legge stessa a ricordarle, senza eccezioni, anche a chi guida una Regione.
È quanto ha ribadito con fermezza la Corte dei conti, intervenendo sul caso delle nomine volute dal presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, per due dei suoi uomini di fiducia: Salvatore Capezzuto e Giampiero Perri.
Capezzuto, un avvocato napoletano prossimo alla pensione, era stato scelto per guidare l’Ufficio legislativo e assumere il ruolo di segretario della Giunta regionale.
Perri, invece, un ex dipendente pubblico ormai in pensione da tempo, era stato designato come capo di gabinetto. Tuttavia, la Corte è stata categorica: nessuno dei due può essere investito di incarichi che comportino funzioni gestionali all’interno dell’amministrazione regionale.
La sezione di controllo della Corte, presieduta da Giuseppe Tagliamonte, ha reso il proprio parere in risposta a una richiesta avanzata da Bardi lo scorso marzo.
Una domanda che, pur essendo di natura tecnica, appare sostanzialmente politica: trovare una soluzione per confermare nel sistema regionale due figure ritenute strategiche per la macchina amministrativa.
La risposta, però, non ha lasciato spazio a interpretazioni: gli incarichi sono consentiti, ma solo a condizione che non comportino compiti gestionali, neppure se legati formalmente alle funzioni assegnate.
Un messaggio chiaro: la Regione può benissimo nominare Capezzuto e Perri come consulenti o referenti, ma senza conferirgli il potere di prendere decisioni operative. L’esperienza e la fiducia, seppur rilevanti, non giustificano un accesso diretto alle leve amministrative.
Il cuore della questione, come ha sottolineato la Corte, non riguarda tanto la possibilità di nomina – che resta aperta, anche in deroga all’età pensionabile – quanto il contenuto stesso dell’incarico.
“L’analisi – si legge nel parere – deve essere condotta in concreto”, valutando le funzioni reali che i due avrebbero dovuto esercitare, e non solo il titolo attribuito. Non basta, quindi, dichiarare che un incarico è “istituzionale” per aggirare il divieto di assegnare funzioni gestionali a chi è già andato in pensione.
Un altro aspetto rilevante è l’atteggiamento della Corte nei confronti della richiesta stessa di Bardi, che, nel formulare la domanda, sembrava anticipare la volontà di assegnare compiti tanto “istituzionali quanto gestionali” a Capezzuto. Un’incongruenza che, per la Corte, ha reso la risposta negativa quasi inevitabile.
Tuttavia, i giudici non chiudono completamente la porta. La normativa prevede una deroga al divieto di incarichi retribuiti per pensionati nel caso dei vertici delle amministrazioni.
La Corte afferma che questa deroga potrebbe estendersi anche alla possibilità di ricoprire più incarichi contemporaneamente. Ma, e qui sta il punto fondamentale, senza mai sconfinare nelle funzioni gestionali, che devono restare fuori dalla portata di chi ha già raggiunto l’età pensionabile.
In sintesi, quello della Corte è un richiamo alla responsabilità e alla trasparenza nell’uso del potere pubblico.
Un monito che sottolinea come, se da un lato l’esperienza sia fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni, dall’altro la legalità deve rimanere sempre il faro guida, soprattutto quando si tratta di garantire la correttezza e la trasparenza nella gestione della cosa pubblica.
R.P