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Hackers: come difendersi. Protezione, mitigazione o accettazione del rischio?

Vito Coviello, Socio AIDR e Responsabile Osservatorio Tecnologie Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica

Sappiamo tutti bene che i computer hanno cambiato la nostra vita nelle  attività  lavorative  e in quelle private. Tutti i nostri dati  sono  ormai trasferiti su aree di memoria residenti nei vari dispositivi o  sul cloud.

In molti casi per mantenere aggiornati i nostri documenti  e renderli  accessibili  dai differenti dispositivi in nostro possesso, ci  serviamo di applicazioni che consentono  di archiviare i contenuti  multimediali su server remoti  condivisi poi dai  vari dispositivi  dell’utente: ad esempio il sistema iCloud  Apple consente di  archiviare e rendere disponibili  in modalità sincrona i ns. dati  tra  iPhone, iPad, iPod touch,  Mac e PC Windows.

Tutti i dati aziendali e privatisono quindi conservati  nelle modalità  di cui sopra,  semplificandone di fatto la gestione e riducendo il  carico fisico sui lavoratori. Ma non ci sono solo i benefici, sono  purtroppo anche aumentati  in modo esponenziale i rischi di furto di  dati e di danneggiamento dei sistemi ad opera degli Hacker.

Esistono diversi tipi di hacker, classificabili anche per le  differenti tipologie di attacchi e di tecniche che utilizzano.

Se ne elencano di seguito alcune tipologie:

– White Hat Hackers.
– Black Hat Hackers.
– Gray Hat Hackers.
– Script Kiddies.
– Green Hat Hackers.

1. White Hat hacker
La prima categoria  è quella degli hacker professionisti  che lavorano  per i Governi e le organizzazioni  con il compito di  testare il  livello di sicurezza informatica dei rispettivi sistemi:  la loro  attività di  hacking  ha lo scopo di identificare i punti deboli  e di  correggerli immediatamente per impedire i possibili attacchi esterni.
Questi hacker “etici”  hanno il compito di prevenire gli attacchi, di  proteggere e di assistere i governi, le organizzazioni  e le aziende.

2. Black Hat hacker
Gli hacker black hat attaccano i sistemi  per accedervi in modalità  non autorizzata con la finalità di rubare o distruggere il sistema. Svolgono attività criminale e normalmente operano con lo scopo di  trarre profitto dai dati rubati per venderli ad altri o per ottenere  dei riscatti dalla stessa azienda al fine di sbloccarne l’utilizzo.

3. Gray Hat Hackers
Ci sono poi i Gray Hat hackers: sono hackers esperti ma agiscono per  divertimento,  sperimentando  azioni per incrinare le difese delle  reti e dei sistemi.  Sono classificato come Gray Hat Hacker quando  decidono di trarre un vantaggio  personale.

4. Script Kiddies
Sono gli hackers dilettanti: cercano di hackerare  i sistemi  utilizzando script di altri hacker per attrarre le attenzioni.
I loro  attacchi sono definiti con l’acronimo DDoS (Distribuited  Denial of service) o DoS (Denial of service): indirizzano verso un  determinato IP un traffico eccessivo fino a farlo collassare.   Attaccano siti web con lo scopo di creare confusione e di bloccarne  l’utilizzo.

5. Green Hat Hackers
Nella scala degli hackers sono quelli che stanno imparando a diventare  veri  hacker: cercano opportunità e sperimentano per crescere nel  mondo dell’hacking.

La lista potrebbe allungarsi ancora, ma le tipologie di cui sopra sono  abbastanza rappresentative del pericoloso  fenomeno di hacking  presente in un mondo che  poggia sempre più ogni attività, ogni interesse politico,  economico,  sociale e   industriale  sulle reti e  sul web,  traendone indubbi benefici  ma esponendosi sempre più ai  rischi di attacchi informatici.

Non desta stupore quindi che il Governo degli Stati Uniti  abbia  offerto una taglia di circa 10 mln di dollari per avere informazioni  sul gruppo di Hacker  noto come “dark side”,  che  avrebbe condotto a  maggio u.s. un attacco ransomware ad un vitale oleodotto lungo  5.500  miglia sulla  costa orientale USA.

L’attacco informatico ha causato una interruzione del servizio della  compagnia Colonial Pipeline causando una  carenza di carburante per  diversi giorni:  sembrerebbe che per sbloccare la situazione sia poi  stato pagato un riscatto di circa 4,4 mln  in Bitcoin.

Gli attacchi di tipo ransomware stanno diventando sempre più frequenti   perché bloccano di fatto le attività delle aziende attaccate  e  queste ultime nella maggior parte dei casi sono costrette a pagare un  riscatto per poter riprendere le attività.

Le  piccole / medie  imprese  spesso non si preoccupano molto della  sicurezza informatica ed è per tale motivo che diventano il  bersaglio  preferito  dagli hacker  essendo i loro sistemi e le loro reti più  facilmente attaccabili. Le  loro aziende sono messe di fronte ad una  terribile scelta: pagare per riavere la disponibilità dei dati o  perderli per sempre.

Si calcola che solo in USA sia stato stimato un giro di affari  di  alcuni miliardi di dollari per il 2021  richiesti per il ripristino  dei dati hackerati con il fenomeno dell’estorsione informatica.

La categoria dei   “Black Hat Hacker”  cresce sempre più rapidamente   e  questi  gruppi  stanno diventando vere e proprie  sofisticate ed attrezzatissime organizzazioni in grado di mettere in  ginocchio molte attività strategiche nel mondo.

Come avviene un attacco?
Sono molte le modalità con cui è possibile apportare un attacco Ransomware.

A volte  il ransomware è distribuito  attraverso le falle di sicurezza  del sistema operativo di una determinata tipologia di dispositivi  per  poi infettare l’intero sistema aziendale senza che vi sia stata alcuna  incauta azione dell’utente. Per  esempio, le versioni precedenti di  Microsoft Windows  sono particolarmente vulnerabili quando non sono  più supportate dalle patch di aggiornamento.

Altre volte un ransomware può essere attivato  cliccando su di una  mail di phishing o scaricando un allegato di posta elettronica: il  virus  una volta attivato può assumere il controllo di un computer  o  dell’intera rete.

Le tipologie di attacco sono sostanzialmente due:
– Criptografia dei dati dell’utente che non potrà più accedervi senza  una chiave per decriptare i medesimi
– Il blocco dell’utente fuori dai propri dispositivi e non può  accedervi,  in questo caso si può rimediare con un intervento di un  esperto di sicurezza.

Ci sono poi gli attacchi di tipo DDoS (Distributed Denial of Service):  in questo caso l’hacker invia un potente flusso di traffico internet  con lo scopo di rallentare il sistema attaccato fino anche a  bloccarlo.  Spesso si utilizza questo tipo di attacco per  compromettere temporaneamente l’efficacia dei firewall  e delle altre  infrastrutture di sicurezza  per avere il tempo di installare il  ransomware.

Come difendersi?
Le organizzazioni  e le aziende di grandi dimensioni hanno da tempo  messo in atto ogni accorgimento per ridurre al minimo il rischio di  attacchi informatici e per  non farsi cogliere impreparati.

Sono soprattutto i  piccoli e, spesso, anche i medi  imprenditori  i  più vulnerabili  se utilizzano  rete e sistemi   non adeguatamente  protetti e, di conseguenza, più facilmente attaccabili.

In ogni caso pagare il riscatto sarebbe già un gravissimo danno,  ma  rinunciare allo sblocco dei dati potrebbe comportare consistenti  perdite di business e, in casi estremi,  anche  la chiusura delle  attività / dei servizi  erogati.

Oltre alla mitigazione del rischio raggiungibile  stipulando polizze  assicurative,  è necessaria la prevenzione e, quindi, pianificare ogni  attività idonea per  proteggere adeguatamente la rete e i sistemi  aziendali  e dare adeguata formazione agli utenti sul tema  delle  modalità  di comportamento per la sicurezza e la protezione dagli  attacchi informatici.

L’accettazione del rischio senza adeguati investimenti sul tema della  sicurezza e senza la sua mitigazione per il tramite di  polizze  assicurative, può esporre una azienda  a forti e pesanti conseguenti  in caso di attacco.

Negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale la percentuale di  sottoscrizione di polizze  assicurative a copertura degli attacchi  informatici e la  consapevolezza delle aziende di investire sulla  sicurezza delle loro reti e dei loro sistemi.

Tra il 2020 e il 2021, in piena era COVID-19, è stato registrato il  raddoppio delle polizze assicurative a protezione di attacchi  ransomware  in risposta al fortissimo aumento degli attacchi di questo  tipo registrati nel periodo di osservazione.

È opportuno dare anche  evidenza che le compagnie assicuratrici stanno  ora rivalutando  quanta copertura possono permettersi di offrire e   quanto  devono addebitare ai clienti.

Le compagnie prima di sottoscrivere una polizza chiedono prove  dettagliate sulle misure di sicurezza informatiche adottate  dall’azienda: ad esempio, il mancato utilizzo dell’autenticazione a  più fattori  che richiede all’utente di verificare sé stesso in più  modi, potrebbe comportare un rifiuto  alla sottoscrizione della  polizza da parte della compagnia.

In chiusura nessuna azienda può fare a meno  della rete e di internet  per sviluppare e promuovere il proprio business e, pertanto, deve   proteggersi dagli attacchi dei   black  hat hackers,  nuova e  pericolosissima categoria di ladri  di questo secondo millennio.

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