CULTURA E EVENTI

Matera 2019, Prima lezione di cinema con Tatti Sanguineti

In proiezione il film “Giulio Andreotti. Il cinema visto da vicino”. Fra gli ospiti anche Bruno Gambarotta

Si apre il sipario sulla prima delle Lezioni di cinema organizzate dalla Fondazione Matera Basilicata 2019 in collaborazione con la Lucana Film Commission, con Tatti Sanguineti e Antonio Andrisani nell’ambito del programma “Future digs”.

Giovedì 7 febbraio, alle ore 20.30, al cinema Piccolo di Matera, Tatti Sanguineti, regista,  Bruno Gambarotta, scrittore e giornalista, Paolo Verri, direttore generale della Fondazione e Paride Leporace, direttore della Lucana Film Commission, terranno un incontro sul tema “Ieri. Andreotti e il cinema: i modelli produttivi nella prospettiva europea”.

Subito dopo verrà proiettato il film “Giulio Andreotti. Il cinema visto da vicino”, diretto da Tatti Sanguineti.

“Nello spirito del dossier di candidatura – sottolinea Paride Leporace, direttore della Lucana Film Commission – la Fondazione ha compiuto una riflessione partecipata sul contemporaneo, coinvolgendo esperti di chiara fama e partner molto autorevoli. E Tatti Sanguinetti sarà un mentore strepitoso, come è strepitosa la sua intelligenza, per riflettere sul cinema di ieri, oggi e domani”.

“Si tratta – afferma Verri – di un appuntamento straordinario con la proiezione di un film che è stato mostrato in pubblico solo una volta e che fa scoprire, per la prima volta in assoluto, l’originale rapporto fra Andreotti e il cinema, fino ad oggi mai esplorato.

Un incontro che svelerà alcuni aspetti inediti di uno fra i protagonisti della storia italiana e che apre la lunga serie di lezioni di altissimo livello sui diversi temi della contemporaneità per affrontare con maggiore consapevolezza le sfide che abbiamo davanti”.

Nel corso dell’incontro materano Sanguineti racconterà le oltre 20 sedute di interviste avute con Andreotti. E anche le ragioni per cui non ha mai creduto alla storia del “bacio” a un mafioso.

Fu l’ex comandante partigiano Rodolfo Sonego, della brigata Garibaldi sull’altopiano di Belluno, a dire a Sanguineti che se avesse voluto capire davvero cosa fosse successo negli anni del secondo dopoguerra in campo cinematografico, avrebbe dovuto parlare con Andreotti.

“Dal settembre 1953 Giulio Andreotti – scrive Sanguineti – non era mai stato sentito carte alla mano sul suo ruolo di dominus del cinema italiano per quattro governi De Gasperi a partire dal quarto, fine giugno 1947.

De Gasperi non amava e non capiva il cinema che trovava “frivolo” e che chiamava “questa vostra lanterna magica”. Nessuno, nè da Venezia nè dall’università ci aveva mai provato. Se non per lettera il mio maestro Farassino.

Assieme a Pier Luigi Raffaelli, archivista presso i Beni Culturali glielo abbiamo semplicemente chiesto con la avvertenza di non farci “segnalare” da nessuno. Presentandoci semplicemente per quello che eravamo e siamo: due storici del cinema indipendenti ma con qualche carta in mano, cosa che Andreotti apprezzò moltissimo.

L’idea di fondo era quella di parlare di cinema, solo di cinema, e di fermarsi al 1953. Restò molto stupito che alla Ferratella il proiezionista avesse conservato l’elenco dei film che lui si  faceva abusivamente proiettare la domenica, nella saletta ex Minculpop per lui, Giulio Onesti e le signore: “Per salvare il suo matrimonio”.

Questo foglietto del proiezionista lo colpì moltissimo.

Era il 2002 e il presidente Andreotti – lo chiamavamo così senza apparire mai in video, si sente solo per qualche raccordo la mia voce fuori campo – accettò.

Siamo fra la prescrizione di Palermo e Perugia ed era particolarmente depresso: scoprì che parlare con due sconosciuti e documentarsi su questo periodo remotissimo della sua vita di cui nessuno si era mai interessato e men che mai gli andreottologi professionali gli faceva particolarmente piacere, più dell’optalidon o degli spilloni di Sorrentino.

Mi dichiarò che l’intervistona interminabile era stata per lui “un balsamo”  e ci pregò di trovare dei pretesti per continuare a incontrarci. Li trovammo.

Alla fine furono più di venti sedute registrate con lui che parla su carte, visti, foto, spezzoni, incontri, film, personaggi. Recuperammo tutto il materiale perduto di Gedda e dei Comitati Civici, 25 corti.

Immaginando che l’impresa non sarebbe stata delle più gradite, apprezzate ed attuali, montammo l’immenso materiale – più di 40 ore di girato- per episodi e fatterelli autonomi uno dall’altro.

Quello che in gergo televisivo si chiamano pillole, da esibire anche come in un jukebox e sono particolarmente lieto che il compagno di questa avventura sia un uomo particolarmente dotato di senso dell’umorismo come Bruno Gambarotta, presidente fra l’altro dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino fondato da Paolo Gobetti di cui si vedono almeno almeno tre spezzoni fra i 120 estratti che compongono i due film, certamente il pio gesto di Don Pollarolo a Piazzale Loreto.

Tutti i temi e gli episodi analizzati sono convenuti assieme e ci sono- credo- solo 4 battute relative al dopo   1953. Il cigno nero del caso Montesi, Anna Maria Moneta Caglio, in cui narra di esser stato graziato da un passi di un usciere, La grande guerra (Andreotti era alla Difesa e concesse gli alpini a De Laurentiis ) Marilyn Monroe e Ultimo Tango.

Solo una di queste quattro battute non era concordata e vedendo il film si capirà quale. I due film hanno avuto così tanti problemi da dissuadermi dall’idea originaria di ricavarne un libro. Bastano e avanzano questi 12 o 13 anni di attesa”.

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