EDITORIALE | Erbacce e incuria: quando il verde diventa lo specchio del nostro disinteresse

Chi vive in Basilicata, o semplicemente ci passa, lo nota subito: camminare per le vie di tanti paesi, anche quelli più belli e ricchi di storia, oggi significa spesso fare lo slalom tra ciuffi d’erba alta, rovi che spuntano dai marciapiedi e angoli verdi lasciati andare, dimenticati.
E non si tratta solo di “bruttezza”: quell’erba non tagliata parla di abbandono. Influisce sul nostro umore, sul senso di cura che percepiamo attorno a noi, sulla sicurezza delle strade, e in fondo anche sull’immagine che diamo a chi arriva da fuori. Il degrado, piccolo o grande, si fa sentire.
Ma viene spontaneo chiedersi: perché tanti comuni non riescono a tenere puliti e curati gli spazi pubblici? Le ragioni ci sono, ma non sempre bastano a giustificare ciò che vediamo ogni giorno.
Molti comuni lucani hanno bilanci ridotti all’osso. Soprattutto i più piccoli — e in Basilicata ce ne sono tanti sotto i 3.000 abitanti — devono ogni anno fare i conti con risorse limitate. Così, tra scuole da sistemare, servizi da garantire e strade da mantenere, il verde finisce spesso all’ultimo posto.
E anche il personale scarseggia. Gli operai comunali sono pochi, spesso divisi tra mille urgenze. L’unica alternativa sarebbe chiamare aziende esterne, ma anche quello costa, e richiede tempi tecnici e bandi che non tutti i municipi riescono a gestire con agilità.
E quando qualche risorsa in più arriva — magari da fondi europei, PNRR o bandi regionali — la burocrazia frena tutto. Servono progettazione, approvazioni, competenze tecniche… insomma, una macchina amministrativa che non sempre gira come dovrebbe.
A volte però non si tratta solo di soldi. Il verde urbano viene ancora visto da molte amministrazioni come una spesa inutile, da tagliare appena possibile. Ma è un errore: uno spazio curato non è solo “più bello”, è più sano, più vivibile, più sicuro.
Un’aiuola fiorita o un parco ben tenuto dicono molto di una comunità: parlano di rispetto, di accoglienza, di attenzione per le persone. E in una terra come la Basilicata, che punta sul turismo lento, sull’autenticità dei borghi e sulla bellezza dei paesaggi, lasciare i centri abitati all’incuria è un controsenso.
In tante parti d’Italia i cittadini si organizzano, adottano aiuole, propongono giornate di pulizia, coinvolgono le scuole. In Basilicata qualcosa si muove, ma sono ancora poche le iniziative sostenute davvero dalle istituzioni.
Il rischio è che i tentativi nati dal basso si spengano, per stanchezza o disillusione. E intanto l’erba cresce. E con lei, cresce anche il senso di abbandono.
Il verde pubblico non è un lusso. È un diritto, ma anche un dovere collettivo. Non servono grandi progetti o spese straordinarie per fare la differenza: a volte basterebbe un po’ di organizzazione in più, qualche priorità diversa, e soprattutto più ascolto tra chi amministra e chi vive ogni giorno quei luoghi.
Perché un’aiuola curata non è solo una questione di decoro. È un piccolo segno di civiltà. È dire a chi passa: “Qui qualcuno ci tiene”.
R.P.