A Firenze in mostra ‘La Pace di Kiev’ di Canova Copia gesso opera in marmo custodita in museo Khanenko
La città di Firenze accoglie all’interno di Palazzo Vecchio, in sala Leone X, ‘La Pace’, detta anche ‘La Pace di Kiev’, di Antonio Canova: si tratta della celebre versione in gesso del marmo custodito all’interno del Museo nazionale Khanenko di Kiev e attualmente nascosto per tutelarlo dai bombardamenti della guerra.
L’opera sarà visibile fino al 18 settembre.
La mostra, curata da Vittorio Sgarbi, è realizzata grazie alla collaborazione tra il Museo Novecento e il Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (Treviso), dal quale proviene l’opera, ed è organizzata da Muse con Contemplazioni.
A Palazzo Vecchio dunque sarà possibile vedere quest’opera, insieme alla grande tela di Pellizza da Volpedo, ‘Il Quarto Stato’, esposta da pochi giorni nel Salone dei Cinquecento in una sorta di binomio pace-lavoro.
Commissionata dal politico e diplomatico russo Nikolaj Petrovic Rumjancev, ideata da Canova nel 1812 e realizzata nel 1815, la scultura viene pensata come omaggio alla famiglia Rumjancev, fautrice di alcuni trattati di pace tra Russia e altri Paesi.
Canova venne incaricato di realizzare l’opera all’alba dell’invasione napoleonica della Russia. Alla morte di Rumjancev, la sua collezione viene donata allo Stato.
“La Pace di Kiev, proveniente dal Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno, è ora a Firenze, e qui, temporaneamente, attende tempi di pace – ha detto Sgarbi -. Canova, l’ultimo grande artista che ha chiuso l’arte dell’Occidente ha unito tutto, non ha diviso.
Canova è un grande conciliatore di ogni conflitto, di ogni differenza, e in nome della sua Pace io chiedo a voi di invocarla tutti insieme sul piano di spirito del mondo, perché il mondo si salvi”.
“L’arte e la cultura vinceranno contro la violenza e l’abominio della guerra – ha affermato il sindaco di Firenze Dario Nardella, accompagnato dal direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti -.
In questi tempi così travagliati accogliamo a Palazzo Vecchio un’opera fortemente simbolica che ci induce a riflettere sull’estrema fragilità materica dell’arte di fronte alle forze distruttive ma anche alla potenza della stessa che si fa forma, memoria, messaggio di pace di inusitato coraggio”.
ANSA