CULTURA E EVENTI

Epicentro di creatività, la Milano dell’ arte negli anni ’60

Omaggio alla città di fermenti e avanguardie per due decenni

Parlare di arte attraverso una foto d’ epoca di un tratto dell’ Autostrada del Sole inaugurata da poco.

E’ lo spunto per raccontare la Milano che negli anni Sessanta e Settanta fu palcoscenico particolare di creatività e avanguardie nella scia del fermento europeo – Francia, Inghilterra e Belgio in particolare – con l’ occhio di chi a Roma si confrontava con il vento della Pop Art che soffiava dagli Stati Uniti.

L’ autostrada, in mancanza della connessione digitale che oggi rende tutto immediato, era dunque il percorso obbligato riservato a galleristi e appassionati per vedere da vicino nella città della Madonnina il risultato della ricerca di quelli che sarebbero diventati i maestri di scuole e tendenze.

E’, in definitiva, un vero e proprio omaggio della Capitale la mostra ”I Favolosi anni ’60 e ’70 a Milano” promossa fino al 20 novembre nell’ Auditorium della Conciliazione dalla Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale presieduta da Emmanuele Emanuele.

L’ occasione per raccontare quei vent’ anni particolari della storia dell’ arte italiana e internazionale che videro le due città, pur con modalità e percorsi diversi, al centro della scena. La trentina di opere di grande pregio selezionate dai curatori – Enrico Lombardi, gallerista di lungo corso, e il figlio Lorenzo – si snodano in quattro sezioni tematiche.

Si va dallo Spazialismo di Lucio Fontana affiancato a Vincenzo Agnetti, Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Rodolfo Aricò; al Nouveau Réalisme tra Italia e Francia dove campeggiano Arman, Mimmo Rotella e Piero Manzoni (con un multiplo del celebre barattolo Merda d’ Artista realizzato nel 2013 dalla Fondazione che porta il nome del maestro); al Nuclearismo e alle Astrazioni di Roberto Crippa, Sergio D’ Angelo, Gianni Dova e Emilio Scanavino, ai Mondi della Nuova Comunicazione in cui spiccano Enrico Baj, Lucio del Pez, Ugo Nespolo, Fabrizio Plessi, Emilio Tadini.

La capitale e il capoluogo lombardo negli Anni Sessanta erano gli unici due poli culturali italiani. ”Mentre a Roma – spiega Enrico Lombardi – tenevano banco l’ Arte Povera, ‘il pro e contro’ della figurazione di Renato Guttuso e Ennio Calabria, e la Scuola di Piazza del Popolo con Schifano e gli altri, a Milano si era sviluppato il gruppo degli Spazialisti e il gruppo che possiamo chiamare del Surrealismo Patafisico che faceva capo a Baj e agli artisti che gli erano accanto”. Milano era un mondo da scoprire.

”All’ epoca l’ unica Fiera era a Bologna – osserva – e un giovane gallerista come me che voleva sapere che cosa avveniva a Milano ci doveva andare, il più delle volte in macchina. Io sono stato lì tre anni, ho conosciuto tutti i galleristi e i pittori milanesi e ho capito il rapporto tra Roma e Milano che questa mostra vuole descrivere”.

Emanuele fa notare che ”Milano, come era avvenuto per il Futurismo, era il luogo deputato ai valori della modernità ed era caratterizzata non a caso da una forte animazione per così dire ‘scientista’ in cui gli artisti che ne proclamavano il primato attraverso un serrato confronto con le Avanguardie europee, si connotavano per una visione molto soggettiva della loro creatività”.

Gli artisti romani, sottolinea, apparivano più orientati al dialogo con la Pop Art americana – forse anche grazie al boom del grande schermo che fece di Cinecittà la ”Hollywood sul Tevere” – mentre Milano ”era più in sintonia con il contesto artistico europeo. Le sperimentazioni e l’ innovazione di cui gli artisti attivi sulla piazza milanese si fecero portatori hanno rappresentato una svolta culturale non soltanto italiana e hanno segnato indelebilmente un’ epoca”.

ANSA

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