COMUNICATI STAMPA

Wall Street e l’effetto delle piattaforme social di Claudio Nassisi, Dottore Commercialista e Phd in economia e socio Aidr

Si pensa normalmente che sui social vengano condivisi contenuti per lo  più di carattere personale. Gli utenti rendono pubbliche le proprie  esperienze quotidiane, i fatti singolari che possono colpire  l’interesse del lettore medio oppure possono dispensare consigli sul  vivere di ogni giorno.

Vi sono però alcune piattaforme che hanno canali dedicati nei quali  gli argomenti trattati hanno un profilo molto più tecnico e che sono  sempre più accessibili non sono agli “addetti al settore” ma anche ai  curiosi delle specifiche materie.

In effetti è ormai consolidata l’idea che i social possono realmente  influenzare l’economia e i valori azionari delle aziende interessate  da notizie flash rilasciate da soggetti più o meno qualificati.

Elon Musk, conosciuto per aver fondato Tesla nel 2003, nelle sue  critiche verso l’uso dei dati personali fatto da Cambridge Analytica  (inerente l’impropria acquisizione di dati personali di circa 50  milioni di utenti), promosse l’hashtag #deletefacebook rimuovendo i  profili delle proprie aziende dal social.

L’hashtag causò, assieme  allo scandalo sull’uso improprio dei dati personali da parte di  Facebook, un crollo del titolo nel 2018 fino al 24% e ne ha messo in  dubbio il profilo di business.

Il fondatore di Tesla ha avuto evidenza della potenza dei social in un  altro caso (ancora una volta di sua iniziativa che stavolta si è  ritorto contro le sue stesse aziende). Sempre nel 2018, in occasione  del 1° aprile, ha dichiarato sul suo profilo Twitter la bancarotta di  Tesla.

Si trattava ovviamente di una notizia creata ad hoc per  l’occasione che però si era inserita in un periodo già nero per  l’azienda (per via di alcuni incidenti occorsi ai passeggeri delle  proprie vetture a guida autonoma). In sostanza il titolo, in  quell’occasione ha perso circa il 7% del proprio valore.

Gli eventi descritti hanno a che fare con l’influenza esercitata dalle  dichiarazioni che vengono pubblicate, nei casi sopracitati, da persone  dotate di una spiccata notorietà e da incarichi di vertice.

I social  sono però capaci di aggregare i singoli comportamenti degli utenti  rendendoli una massa capace di scuotere letteralmente il mercato  finanziario.

È ciò che è successo nello scorso gennaio con l’andamento del titolo  di GameStop e l’azione coordinata degli utenti registrati sul social  Reddit e, in particolare, coloro i quali si sono organizzati tramite  un suo canale dedicato alla finanza.

Questo social network nasce nel  2005 con l’idea di creare un’area di confronto tra gli utenti che si  registrano e che possono condividere contenuti documentali di varia  natura (foto, testo o video per esempio). Esistono canali tematici, i  subreddit, che fungono da piazze virtuali per affrontare temi specifici.

In uno di questi, r/wallstreetbets per l’appunto, è stato più volte  proposto come buona opportunità di guadagno l’acquisto di azioni di  una società che non brillava di certo per i suoi profitti: GameStop.

L’azienda in questione ha come proprio business la vendita nei propri  store di videogiochi (qualcosa di molto simile a quanto praticato con  i film da Blockbuster, attiva dal 1985 al 2013).

Questo tipo di  attività è oramai in crisi con la diffusione a pagamento dei contenuti  online a discapito dell’acquisto dei supporti fisici presso i negozi  specializzati.

All’inizio del 2020 il titolo di GameStop aveva un  valore di 3-4 $. Il prezzo molto basso di questo titolo ha attirato  l’attenzione dei venditori allo scoperto (short seller), ovvero  operatori finanziari che guadagnano quando il valore di un titolo  diminuisce, tramite le cosiddette vendite allo scoperto (short selling).

Sul sopracitato canale di Reddit, a partire dal dicembre 2020, gli  utenti hanno cominciato ad attuare una manovra esattamente opposta a  quella attuata dagli operatori finanziari. Hanno infatti acquistato  massivamente le azioni di Gamestop.

Si è creato così quello che in  gergo si chiama “short squeeze”: i venditori allo scoperto vengono –  appunto – spremuti, con il ribaltamento della scommessa ribassista.

Martedì 26 gennaio 2021 le azioni di GameStop hanno registrato un  volume enorme di transazioni pari a 20 miliardi tanto che dall’inizio  dell’anno il titolo è letteralmente balzato da un valore di 18 $ per  azione a 350 $.

Il fenomeno di rivolta contro i fondi di investimento, si prevede,  potrebbe coinvolgere altri settori come quello della telefonia  (BlackBerry e Nokia) o dell’intrattenimento (la catena americana di  cinema AMC).

Questo andamento, letteralmente spiazzante secondo gli ordinari  modelli predittivi, ha causato da un lato profitti significativi per  coloro i quali sono entrati in possesso delle azioni di Gamestop al  prezzo vigente prima dell’impennata del titolo, dall’altro ha causato  perdite di miliardi di dollari per molti fondi americani.

Tutto questo è stato reso possibile anche dalla disponibilità di  strumenti di trading online con costi pressoché nulli. Si pensi ad  esempio all’applicazione Robinhood che, ad oggi, non è ancora stata  resa disponibile in Europa.

Si pone, in sostanza, un interessante e delicato spunto di riflessione  sulle capacità dei singoli investitori di controllare e influenzare i  trend economici con manovre collettive spesso imprevedibili e di  capire a chi realmente giovi questo nuovo meccanismo che unisce sempre  di più il web alla finanza.

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