MUSICA

Si intitola “Pais” il secondo disco del pianista e compositore Rocco Mentissi

A quattro anni di distanza da “TraMe”, suo album di debutto, e dopo due anni di intenso lavoro, il compositore e pianista lucano Rocco Mentissi ha pubblicato il suo nuovo lavoro discografico dal titolo “Pais”, disponibile per l’ascolto o il download sui maggiori portali di musica digitale:
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Pais letto nella lingua greca significa fanciullo, pronunciato invece in dialetto di Tolve, la mia lingua madre, indica il paese, due dimensioni, dunque,una temporale e antropologica, l’altra spaziale e architettonica, che si intrecciano: il fanciullo come paradigma dell’uomo, il paese della città. Il progetto è animato dalla consapevolezza che l’infanzia rappresenta il luogo e il tempo dell’autenticità, del mistero, della magia dell’essere e vuol evocare con la musica la quadruplice radice che lega e scandisce elementi fondamentali del vivere: gioco, preghiera, natura, amore. Un invito a tornare in quei luoghi così veri, a quei giorni in cui la corsa era l’inevitabile conseguenza di uno smisurato e incontenibile entusiasmo, a recuperare, in poche parole, la cifra umana dell’uomo. Un concept/album che vuole essere un inno alle piccole comunità lucane in via di estinzione, una celebrazione della dimensione paesologica, nella quale l’uomo è centro di un architettura che lo avvolge, difende e manifesta. Prima che lo spopolamento esponenziale della Basilicata cancelli le tracce di un vissuto pregno di valori, provo con l’ausilio della musica a conservare e riaccendere con i mezzi del presente, questo patrimonio umano, sonoro, storico e nel contempo a rilanciarlo quale possibile paradigma futuro, in cui l’uomo possa tornare ad essere centro di ogni sua azione, nel rispetto di sé, dell’altro e dell’ambiente che li accomuna. Con questi nove brani ripercorro ricordi della mia infanzia: le corse a perdifiato, gli infiniti giochi in strada sotto gli occhi vigili del vicinato sempre affettuoso, il nido rassicurante della casa dei nonni, contadini saggi, semplici ma sereni, la terra, in cui si giungeva in sella ad un asino; terra vissuta prima come prolungamento del proprio corpo, dopo come un destino, come centro del proprio universo, in base al quale distinguere la distanza, la vicinanza, la solitudine, la compagnia, l’odio, l’amore. E se, come sono solito dire, il futuro più bello è alle nostre spalle, non mi resta che augurarci buon viaggio.
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