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Roma, Parigi, la Davis: addio alla leggenda Pietrangeli

È destinato a restare per sempre il primo italiano capace di conquistare un titolo dello Slam. Accadde a Parigi nel 1959, un trionfo replicato l’anno successivo. E fu ancora lui, come capitano non giocatore, a guidare la squadra che riportò in patria la Coppa Davis nel 1976, un risultato senza precedenti per il tennis azzurro.

Con la scomparsa di Nicola Pietrangeli, avvenuta a 92 anni, si chiude un capitolo irripetibile del tennis dei tempi in bianco e nero.

L’immagine che tutti conservano di lui è quella di un campione elegante: capelli sale e pepe già in gioventù, sguardo chiarissimo, classe naturale e un sorriso ironico, un personaggio che sembrava non invecchiare mai; una sorta di Dorian Gray dello sport italiano.

Oltre a lui, tra gli italiani, solo Gianni Clerici ha ottenuto l’ingresso nella International Tennis Hall of Fame.

Negli ultimi anni Nicola aveva potuto assistere all’ascesa di Jannik Sinner, da lui considerato il naturale erede della grande tradizione che aveva contribuito a costruire, pur non risparmiandogli qualche critica, come in occasione della scelta di non partecipare alla Davis.

Verso gli 80 anni, con la consueta ironia, Pietrangeli aveva dichiarato di desiderare che le sue ceneri fossero sparse sul campo centrale del Foro Italico a lui intitolato: “C’è pure il parcheggio—diceva scherzando—e se piove ci si ripara sotto il sottopassaggio. Non voglio creare disagi”.

In parte, quel desiderio sarà onorato: l’ultimo saluto si terrà proprio su quel terreno. La camera ardente aprirà mercoledì 3 dicembre dalle 9 alle 12; i funerali si svolgeranno lo stesso giorno alle 15, nella chiesa di Santa Maria della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio.

Lo scorso luglio aveva dovuto affrontare la perdita del figlio Giorgio, morto per una grave malattia. Un lutto devastante, che lo aveva segnato profondamente proprio mentre era ricoverato al Policlinico Gemelli per controlli. “Sto male, sono lucido ma molto debole. Un genitore non dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli”, aveva confidato con voce spezzata.

La terra battuta era il suo regno: vi imponeva un gioco morbido, raffinato, con un rovescio elegante e una straordinaria sensibilità a rete, in un’epoca in cui la potenza fisica e il rovescio bimane non esistevano ancora.
Eppure, nonostante l’immagine tecnica “d’altri tempi”, vantava una condizione atletica di prim’ordine: venne infatti considerato tra i primi tre giocatori del mondo per tre anni consecutivi, dal 1959 al 1961.

Ha disputato cinquanta incontri ufficiali al Foro Italico, ma il suo record assoluto resta quello dei match giocati in Coppa Davis: 164, con 78 vittorie in singolare e 42 in doppio, spesso insieme a Orlando Sirola, una coppia entrata stabilmente nella storia.

I due successi al Roland Garros rappresentano il cuore della sua leggenda: “Quella gioia e la Davis del 1976—diceva spesso—sono state le emozioni più grandi della mia vita”.

A Parigi raggiunse altre due finali, nel 1961 e nel 1964, e a Roma arrivò all’atto conclusivo nel 1958 e nel 1966. Anche sull’erba di Wimbledon, fino alla generazione recente, restò l’italiano con i migliori risultati: 18 partecipazioni e una semifinale nel 1960, fermato da Rod Laver. Agli Australian Open raggiunse i quarti nel 1957 ed è stato campione italiano ininterrottamente dal 1955 al 1960.

Nel 1970, agli Assoluti di Bologna, la sconfitta contro Adriano Panatta sancì simbolicamente il passaggio di testimone. Tra i due, un rapporto intenso e altalenante, fatto di schermaglie, riconciliazioni e amicizia autentica.

Sul piano personale visse quattro importanti storie d’amore: dal matrimonio con Susanna Artero, madre dei suoi tre figli, fino alla relazione con Licia Colò, iniziata nel 1987 e durata sette anni. Aveva detto che pensava sarebbe stata “la storia definitiva”.

Nato a Tunisi nel 1933 da padre italiano e madre russa, arrivò a Roma da bambino. I coetanei lo chiamavano “Er Francia” per via dell’accento, ma lui scelse la Capitale come casa, costruendo qui una carriera che lo portò anche nel cinema e nella televisione, fino alla conduzione della Domenica Sportiva. “Rimorsi no, rimpianti sì” era la frase con cui amava riassumere la propria vita.

Il ricordo della famiglia
In una nota, i familiari lo descrivono come “una figura cardine dello sport italiano e internazionale, esempio di stile, talento e impegno”, capace di lasciare un segno profondo nel tennis e nel cuore di generazioni di appassionati.
“Il suo spirito, la sua passione e la sua ironia rimarranno con chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e amarlo”, scrivono, ringraziando quanti stanno inviando messaggi di vicinanza.
La premier Meloni
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, su X, lo ricorda come “un simbolo del tennis italiano, un campione che ha ispirato generazioni”, rivolgendo le condoglianze a famiglia, tifosi e amici.
Angelo Binaghi
Il presidente della FITP, Angelo Binaghi, parla di “un amico e del più grande simbolo del nostro tennis”, sottolineando che fu il primo a mostrare che gli italiani potevano competere con il mondo.
Il ministro Abodi

Andrea Abodi lo definisce “una leggenda che ha cambiato la storia della racchetta italiana, un uomo capace di unire grandezza sportiva e semplicità”.

Adriano Panatta
Panatta, a Storie Italiane, lo ricorda con affetto: “Eravamo amici, ci punzecchiavamo per scherzo. L’ho sempre conosciuto allegro, anche se la morte di suo figlio lo aveva distrutto”.
Paolo Bertolucci

Bertolucci lo definisce “il nostro primo eroe del tennis”, protagonista della vittoria in Cile del 1976 e detentore di record che resteranno irraggiungibili.

Antonio Zugarelli

Zugarelli, della squadra Davis ’76, afferma: “È stato lui l’artefice di quella finale e del nostro trionfo”.

Filippo Volandri e Tathiana Garbin
I due capitani azzurri ricordano un “punto di riferimento assoluto”, che ha aperto la strada alle generazioni successive.
I tennisti Musetti e Cobolli
“Ciao Nicola”, scrivono sui social, pubblicando foto e messaggi di affetto.
Fabio Fognini

Lo saluta così: “Caro Nick, ci lascia un pezzo enorme della nostra storia. Hai insegnato a tutti cosa significhi vincere”.

Rafael Nadal
L’ex numero uno spagnolo esprime il suo cordoglio, ricordando le premiazioni ricevute proprio da Pietrangeli a Roma.
L’omaggio della Francia

L’Équipe lo celebra come l’uomo che “rese popolare il tennis in Italia”, mentre il Roland Garros ne ripercorre la carriera definendolo “un narratore brillante e un campione amatissimo”.

Ignazio La Russa

Il presidente del Senato parla di “una leggenda che resterà nella memoria collettiva”.

La Lazio

In una nota ricorda il suo legame con i colori biancocelesti e la sua presenza negli allenamenti della squadra scudettata del 1974.

Chiara Appendino

La vicepresidente FITP saluta “uno stile unico e un estro irripetibile”, ringraziandolo per ciò che ha rappresentato.

ANSA

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