Zucchero, i 70 anni del re del soul-blues italiano

70 anni Zucchero li festeggerà giovedì 25 settembre nel modo che gli è più congeniale e nel luogo che è ormai diventato una sua seconda casa musicale: l’Arena di Verona, dove ormai da anni ha abituato i suoi fan a serie record di live consecutivi, quest’anno teatro di dodici show.
Non è difficile immaginare che giovedì penserà a quanta strada ha fatto da quando ha cominciato a suonare da ragazzino in chiesa con la complicità del parroco di Roncocesi, in provincia di Reggio Emilia, ma anche a quanti chilometri ha percorso materialmente in giro per il mondo nella sua carriera di apostolo italiano della musica soul-blues, quasi avesse voluto mettere in pratica il titolo di quella canzone di Marvin Gaye che tanta fortuna ha portato al suo amico Paul Young: “Wherever I Lay My Hat (That’s My Home)”, dovunque lasci il cappello quella è casa mia.
E alla fine, se proprio è necessario riflettere sulla strada fatta, quella di Adelmo Fornaciari è la storia di un uomo che non si è arreso e che dopo una gavetta lunga e dura e tante porte chiuse in faccia, ha portato la sua musica in giro per il mondo e ha suonato insieme con un impressionante numero di star.
Da Miles Davis a Eric Clapton, dai suoi amici Bono e Sting a Joe Cocker, B.B.King, Sam Moore, John Lee Hooker, Paul Young, per citare solo qualche nome.
Alla fine se Luciano Pavarotti, altro suo amico illustre, ha inventato il Pavarotti and Friends il merito è anche suo e dell’idea di incidere “Miserere”, senza contare che la traccia di prova era stata registrata da un allora ancora sconosciuto Andrea Bocelli che da lì è partito per diventare una superstar mondiale. Zucchero si è anche saggiamente permesso di non accettare l’invito rivoltogli da Brian May ad entrare come voce solista nei riformati Queen dopo la morte di Freddie Mercury.
Zucchero ha un repertorio di aneddoti praticamente sconfinato: esilarante il suo primo incontro con Miles Davis. Dovevano registrare “Dune Mosse” e una limousine passò a prenderlo nell’albergo di New York dove risiedeva.
Molto emozionato entrò nella macchina e, ingannato dalla penombra e dal fatto che il divino Miles indossava un completo nero, gli si sedette in braccio.
Per la musica italiana l’artista rappresenta una felice anomalia, nel senso che il suo successo è legato alla rilettura dei modelli del Soul classico e del Blues e nell’ambito internazionale sono veramente pochissimi quelli che sono riusciti a farlo al di fuori di Stati Uniti e Inghilterra. Probabilmente il suo ingrediente segreto è l’amore per la canzone d’autore che lui mescola con cura nel suo menu a base di musica black.
Dei tempi di Peppone e Don Camillo sicuramente gli è rimasta una simpatia per Peppone: non per niente si è esibito al Cremlino ai tempi di Gorbaciov, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, a dicembre 1990, e, dopo aver registrato un album omaggio alla musica cubana, all’Avana dove durante una chiacchierata con il Malecon sullo sfondo gli brillavano gli occhi ricordando la gioventù di Fidel, Che Guevara e Camilo Cienfuegos.
Come altri grandi, Zucchero non ha avuto fortuna con la gara di Sanremo: dopo essere stato ignorato nel 1982 quando nel cast c’era anche Vasco Rossi, nel 1985 al festival nessuno notò “Donne” che invece poi gli aprì le porte per il successo. Ma, a parte le apparizioni come special guest, si è preso una rivincita clamorosa nel 2001 quando ha messo la firma sui brani che sono arrivati al primo e secondo posto: “Luce (tramonti a Nord Est)” di Elisa e “Di sole e di azzurro” di Giorgia.
Zucchero è cittadino onorario di Memphis, e questa probabilmente è l’onorificenza che gli sta più a cuore, nonché Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
ANSA