Milano celebra il ritorno dell’astrattismo di Tomonori Toyofuku

A cent’anni dalla nascita, Milano rende omaggio a Tomonori Toyofuku, artista proveniente da una piccola isola del Giappone che nel 1960 scelse di stabilirsi nel capoluogo lombardo. All’epoca la città, già cuore economico e industriale d’Italia con una chiara proiezione europea, era un crocevia di nuove energie culturali, aperta alle avanguardie emergenti e al design più innovativo.
Sarà proprio negli spazi che per decenni ospitarono il suo atelier — oggi sede dell’attività della figlia, Natsuko — che dopodomani, giovedì 4 dicembre alle 18, verrà inaugurata una mostra dedicata a questo grande scultore del Novecento. Toyofuku, nato nel 1925 a Kurume, divenuto milanese d’adozione, è scomparso nel 2019 in Giappone, dove era tornato e dove visse gli ultimi quindici anni della sua vita.
L’esposizione, dal titolo “Tomonori Toyofuku. Ritorno a Milano”, curata dallo storico dell’arte Stefano Turina, aprirà al pubblico nell’atelier-galleria di corso Como 9. La rassegna presenterà una selezione di opere, maquette, fotografie e documenti che ripercorrono l’evoluzione creativa di Toyofuku, evidenziando la sua indagine sul ritmo, sulla materia, sulla forma e sulle tematiche che hanno guidato la sua ricerca artistica.
Allestita fino al 26 aprile, la mostra mira a restituire voce e presenza all’artista attraverso un dialogo tra sculture e immagini d’archivio, invitando a riscoprire vita, interessi, poetica e contributo internazionale proprio nel luogo dove la sua visione si è più pienamente espressa.
Questo stesso spazio diventerà inoltre la sede di un archivio dedicato, che raccoglierà materiali e testimonianze sulla lunga carriera di Toyofuku, iniziata nel dopoguerra sotto la guida del maestro della scultura lignea buddhista Chōdō Tominaga.
Negli anni Cinquanta Toyofuku avviò un percorso espositivo nell’ambito dell’arte figurativa, ottenendo crescenti riconoscimenti e conquistando visibilità anche in Europa e negli Stati Uniti: dalla Tokyo Gallery approdò alla Biennale di Venezia, dove le sue opere vennero acquisite da Peggy Guggenheim e dal Museum of Modern Art di New York.
Il successivo e lungo periodo milanese lo portò a entrare in contatto con numerosi artisti, tra cui i giovani Enrico Castellani, Piero Manzoni e Lucio Fontana, incontri decisivi che segnarono la sua svolta verso l’astrazione.
Nella sua prima personale italiana, nel 1962, Toyofuku presentò le celebri superfici lignee attraversate da fori ovali, studi create per rivelare la tridimensionalità della materia. Elementi che divennero simbolo della sua ricerca spaziale, insieme alle sue imponenti sculture monumentali e alle opere in bronzo e in pietra.
ANSA
