Editoriale — Basilicata, la regione dove i soldi dormono e l’economia pure

C’è una fotografia che dovrebbe far discutere — e molto — la Basilicata: 17 miliardi di euro fermi sui conti correnti, mentre l’economia regionale segna il passo per il secondo anno consecutivo. Da una parte la ricchezza privata cresce del +2,4%, dall’altra il PIL scivola a –0,1%.
Un territorio dove i risparmi aumentano, ma lo sviluppo no. Dove il denaro c’è, ma non circola. Dove si accumula prudenza, e si disperde futuro.
È il paradosso lucano, e non è più sostenibile.
Famiglie prudenti o sistema che non offre alternative?
Ci viene raccontata la storia delle famiglie “risparmiatrici”, “premurose”, “diffidenti”. Ma la verità è che la Basilicata non offre abbastanza occasioni per investire. La liquidità si accumula non perché ci sia una cultura del risparmio più virtuosa, ma perché mancano opportunità credibili: imprese fragili, filiere inconsistenti, scarsa innovazione.
Quella montagna di miliardi che resta in banca non è un atto di saggezza:
è un campanello d’allarme. Dice che i lucani non si fidano dell’economia lucana.
Il crollo Stellantis non è un imprevisto: è una dipendenza malata
Il –59,4% della produzione Stellantis non è solo un dato drammatico, è la dimostrazione che la regione paga il prezzo di una scelta sbagliata fatta trent’anni fa: dipendere da una sola grande azienda, da un solo stabilimento, da una sola filiera.
Bastano le decisioni di un consiglio di amministrazione a Parigi o Amsterdam per far tremare l’intera economia lucana.
E ogni volta sembra una sorpresa.
Non dovrebbe esserlo più.
Turismo ed export crescono, ma non basta fare il tifo
È confortante vedere il turismo in crescita e l’export in rialzo. Ma siamo ancora al punto in cui ci si stupisce per ogni piccolo risultato, come se fosse una vittoria epocale.
La verità è che questi settori hanno potenzialità immense, ma nessuno li tratta come leve strategiche. Non bastano campagne social improvvisate, né eventi spot. Servono politiche strutturali, formazione, infrastrutture, visione.
La Basilicata a due velocità (anzi tre)
La narrazione vuole una regione spaccata tra chi ha risparmi e chi fa fatica.
La realtà è più cruda:
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Una Basilicata che accumula soldi.
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Una Basilicata che perde PIL.
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Una Basilicata istituzionale che guarda e commenta.
La terza è la più nociva.
Quando la politica si limita a “prendere atto” dei dati senza trasformarli in azione, i primi due problemi diventano cronici.
Il nodo vero: mancano fiducia e direzione
Possiamo parlare di transizione industriale, di incentivi, di fondi europei, di shock esterni. Ma il problema centrale è un altro:
la Basilicata non ha un progetto di sé stessa.
E quando non c’è un progetto:
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le imprese non rischiano;
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i giovani se ne vanno;
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i risparmi si immobilizzano;
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il territorio si svuota, lentamente ma costantemente.
I 17 miliardi fermi in banca non sono un cuscino di sicurezza: sono il simbolo di una regione che si è messa in pausa da sola.
Una regione ricca “sulla carta”, ma povera di prospettive.
Una regione che potrebbe correre, ma che ha scelto di aspettare — non si sa cosa, e non si sa fino a quando.
La Basilicata non può più limitarsi a sopravvivere.
Non servono altri rapporti, servono decisioni.
Non servono altri dati, servono scelte.
Non servono altri miliardi fermi, serve movimento.
R.P.
