COMUNICATI STAMPA

USC. Liste di attesa in Basilicata: tra numeri di facciata e realtà dei cittadini

 La Regione prima ha creato il problema delle liste d’attesa, imponendo tetti di spesa basati quasi esclusivamente sulla spesa storica, ignorando i fabbisogni reali dei cittadini. Una scelta che ha portato ad agende chiuse, servizi sospesi, rinunce e mobilità sanitaria crescente. Poi, per evitare le sanzioni del Ministero, cerca di correre ai ripari con provvedimenti come le DGR 512 e 513, che riciclano fondi vecchi e ripropongono meccanismi già dimostratisi inattuabili.

L’indagine USC: i tempi reali

Per andare oltre gli annunci, l’Unione Sanità Convenzionata ha condotto un’indagine empirica. Sono state testate 29 prescrizioni di prestazioni ambulatoriali tramite il CUP regionale. Il risultato è allarmante: tempi di attesa che in molti casi superano i 12-18 mesi, con date fissate addirittura al 2026 e al 2027. In due casi, invece, non è stata comunicata alcuna disponibilità.

Non solo: le disponibilità oscillano in modo casuale. La stessa prestazione, per lo stesso paziente, può risultare prenotabile per il giorno dopo oppure per due anni dopo, a seconda del momento in cui si chiama. Una vera roulette russa che rende impossibile programmare la cura per la propria salute.

Un caso emblematico è quello della visita urologica con ecografia: il 27 agosto al CUP era stata data come prima data disponibile il 2027 a Matera, mentre il 12 settembre, per la stessa prestazione, al CROB di Rionero è stata offerta una data nel febbraio 2026.

I dati ufficiali non coincidono con la realtà

Secondo i portali e i report regionali, in Basilicata i tempi di attesa per le visite ambulatoriali – soprattutto quelle urgenti (classe U) e brevi (classe B) – sembrano rispettati. Ma la realtà che vivono i cittadini è completamente diversa.

Le statistiche vengono falsate da pratiche ben conosciute: agende chiuse, pazienti invitati a richiamare ogni giorno, prima richiesta ignorata. Così il tempo di attesa viene calcolato non dalla prima telefonata, ma dal momento “fortunato” in cui si riesce finalmente a prenotare. In questo modo, i dati ufficiali finiscono per raccontare una sanità che non esiste, mentre ai cittadini vengono negati anche i diritti previsti dalla legge: ricorrere al rimborso o accedere a prestazioni intramoenia a carico del SSN.

Un sistema al collasso

Dopo il Covid la capacità produttiva delle strutture sanitarie non è mai tornata ai livelli del 2019, mentre la domanda di prestazioni è cresciuta. Lo confermano anche Agenas e Fondazione The Bridge, che da tempo denunciano la scarsa confrontabilità e incompletezza dei dati regionali. In Basilicata la situazione è aggravata da scelte politiche discutibili: si continua a usare la spesa storica del 2014 come parametro, destinando ai fabbisogni reali appena il 6% delle risorse complessive.

Le delibere 512 e 513 si limitano a finanziare prestazioni aggiuntive negli ospedali pubblici e a tentare di spendere fondi residui non utilizzati l’anno precedente con acquisti spot dal privato accreditato. Misure a tempo, pensate per evitare sanzioni ministeriali, ma del tutto incapaci di incidere strutturalmente sul problema.

La nostra proposta

Le liste d’attesa non si risolvono con alchimie statistiche e numeri manipolati. Servono trasparenza, contratti stabili, programmazione sui fabbisogni reali, utilizzo pieno e ordinato delle strutture accreditate per branca specialistica, non per “vendere” prestazioni un tanto al kilo.

Per questo l’USC ha avviato un monitoraggio indipendente, in collaborazione con i cittadini, per rilevare i tempi reali di attesa e smascherare le distorsioni di un sistema che rischia di collassare sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

La salute non è un gioco di numeri o di statistiche manipolate. È un diritto che va garantito nei fatti, non sulla carta. E non possiamo più permettere che a pagare il prezzo di questo sistema siano le strutture sanitarie più efficienti e sane insieme ai cittadini lucani, costretti a restare in coda per mesi o anni.

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