CRONACA

Chi era Pier Giorgio Frassati, il borghese alpinista amico dei più poveri

Nato a Torino all’inizio del Novecento Pier Giorgio Frassati era figlio di quell’alta borghesia non sempre vicina alla Chiesa.

Bello, sportivo, innamorato delle coetanee, come tanti giovani della sue età, Frassati ben presto abbracciò la vita cristiana mettendosi al servizio dei più poveri.

Lo ha ricordato oggi anche Papa Leone nell’omelia: “A forza di vederlo girare per le strade di Torino con carretti pieni di aiuti per i poveri, gli amici lo avevano ribattezzato ‘Frassati Impresa Trasporti’!”.

Poi l’impegno sociale e politico, a partire dall’Azione Cattolica. Era un convinto antifascista. “Non era uno alla ‘state buoni se potete’, con i fascisti faceva proprio a botte”, ha confidato il Prefetto delle Cause dei Santi, il card. Marcello Semeraro.

Pier Giorgio Frassati nacque a Torino il 6 aprile del 1901 da Alfredo, direttore del quotidiano La Stampa, e da Adelaide Ametis. Un anno dopo nasce la sorella Luciana, inseparabile compagna di giochi e di studi.

Frequenta la scuola pubblica Massimo d’Azeglio e poi l’Istituto Sociale dei Gesuiti. Pur provenendo da una famiglia borghese, scelse di essere vicino ai bisognosi diventando il “facchino” dei poveri. Dava tutto quello che poteva, anche i suoi vestiti.

La sua fede profonda si nutre di messa quotidiana, preghiera, confessione frequente; è innamorato della Parola di Dio.

Nel 1918 si iscrisse ad Ingegneria mineraria per poter stare tra i minatori, che erano tra gli operai più umili e meno qualificati.

Convinto della necessità di riforme sociali, nel 1920 entra nel Partito Popolare Italiano. Con il padre ambasciatore vive anche in Germania dove visita i quartieri più miseri ed entra in contatto con i circoli dei giovani studenti e operai cattolici tedeschi.

Nel settembre 1921 a Roma, durante una manifestazione della Gioventù Cattolica, difende la bandiera del suo circolo dall’assalto delle Guardie Regie, venendo arrestato.

A livello politico, pur essendo iscritto al Partito Popolare di don Sturzo, ne criticò alcune posizioni politiche tendenti ad appoggiare il nascente fascio.

Appassionato di montagna e di sport, s’iscrive al Club Alpino Italiano. Organizza spesso gite con gli amici (la Società dei Tipi Loschi) che diventano occasione di apostolato. Va a teatro, all’opera, visita i musei, ama la pittura e la musica.

È sempre attento, però, alle necessità degli altri. Ormai, quasi giunto al traguardo della laurea, gli mancavano due esami, muore per una poliomielite fulminante, contratta probabilmente nell’assistere i poveri.

Muore a Torino il 4 luglio 1925. Due giorni dopo, l’enorme folla ai funerali inizia a rivelare alla famiglia e al mondo la grandezza della sua testimonianza cristiana.

ANSA

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