Da American Gigolò, la storia di Armani nei film

Un sodalizio che nei decenni si è trasformato in un’autentica sinergia culturale in cui moda e spettacolo si fondono, riflettendo eleganza, potere, sensualità e identità.
Questa e’ stata l’alleanza tra il mondo del cinema e Giorgio Armani che, al di la’ del red carpet dove ha vestito legioni di divi, ha disegnato costumi di scena per un paio di centinaia di film tra cui alcuni firmati da registi italiani come Bernardo Bertolucci (L’Ultimo Imperatore), Giuseppe Tornatore (Una Pura Formalita’) e Paolo Sorrentino (La Grande Bellezza).
Tutto comincia nel 1980 con American Gigolò di Paul Schrader.
Richard Gere nei panni del giovane escort Julian Kaye indossa completi Armani che non sono semplici abiti, ma una dichiarazione di stile: spalle morbide non imbottite, palette neutre, tessuti fluidi che rivelano il corpo. Il guardaroba del protagonista definisce la trama.
La sequenza del noir in cui Kaye a torso nudo sceglie le giacche e piega le camicie su un letto è rimasta iconica, sancendo il debutto internazionale del look Armani cinque anni soltanto dopo la fondazione del brand.
Il cinema, come lui stesso dichiaro’ nel 1990 nel documentario di venti minuti Made in Milan di Martin Scorsese, era stato da sempre il suo vero amore. Armani avrebbe voluto fare il regista: si e’ ritrovato a disegnare costumi di scena.
American Gigolò, in cui decostruisce il classico completo formale, rigido e squadrato, e’ l’inizio dell’avventura: l’italiano diventa il punto di riferimento a Hollywood per raccontare eleganza e autorità sul grande schermo. Dopo Streets of Fire del 1984, nel 1987 Giorgio veste Sean Connery, Kevin Costner e Robert De Niro negli Intoccabili di Brian De Palma in completi che trasportano l’eleganza della sua moda nell’America proibizionista degli anni ’30, un periodo che, aveva ammesso lui stesso, era “quanto di piu’ remoto dalla sua visione come stilista”.
Sono di Armani le scelte del guardaroba indossato da Cate Blanchett, giornalista della Cbs nel docudramma politico Truth del 2015, e da Jodie Foster in Elysium (2013), un film di fantascienza ambientato nel 2154 in una stazione spaziale in cui gli abiti futuristici della perfida ministra della Difesa Jessica Delacourt sono, come sempre per Armani, senza tempo.
Disegnava costumi sempre parte della narrazione: dalla sobria raffinatezza di Mission: Impossible – Protocollo fantasma (2011) al lusso esibito due anni dopo da Leonardo DiCaprio in Walf of Wall Street. Inevitabile lo smoking bianco di Bastardi Senza Gloria di Quentin Tarantino, indossato dal personaggio di Brad Pitt (Aldo Raine) sul red carpet di una prima dove intende assassinare Adolf Hitler: l’obiettivo era creare un look appariscente e vistoso che si distinguesse tra gli altri abiti scuri evidenziando il ruolo del personaggio di Pitt come regista italiano sotto copertura.
Ci sono state poi le collaborazioni con due Batman della trilogia diretta da Christopher Nolan. Dopo il Cavaliere Oscuro del 2008, in cui Armani vesti’ Christian Bale traducendo in un guardaroba dall’etichetta speciale “Giorgio Armani for Bruce Wayne” il doppio volto del personaggio (uomo d’affari raffinato e vigilante oscuro), fu la volta di Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno del 2012 disegnando altri abiti per Wayne, oltre a pezzi per Selina Kyle (Anne Hathaway) e il commissario Jim Gordon (Gary Oldman).
ANSA