CRONACA

SENISE, 29 LUGLIO – Una cerimonia, una dimenticanza, una verità da raccontare

Il 29 luglio scorso a Senise si è tenuta una cerimonia importante: la CGIL ha voluto intitolare la sede della Camera del Lavoro al dott. Policicchio e al sindacalista Raffaele Soave, due figure che hanno segnato profondamente la storia sindacale e sociale del nostro territorio.

Il dottor Policicchio non era solo un medico: era un pioniere. Nei freddi inverni senisesi apriva le porte della Camera del Lavoro per alfabetizzare i lavoratori, accoglierli, informarli. Credeva in un sindacato fatto di cultura, dignità e crescita collettiva.

Raffaele Soave, invece, è stato l’anima di una delle battaglie più emblematiche del Senisese: quella degli espropri dei terreni. Con coraggio, rivendicava alla politica un vero sviluppo economico come contropartita.

A loro va riconosciuto il merito di aver vissuto il sindacato come strumento di emancipazione. Ed è giusto che il loro impegno sia stato onorato.

Ma c’è un’assenza che pesa, un nome che non è stato pronunciato. E che invece avrebbe dovuto risuonare con forza: Francesca Antonio Terracina.

Scomparso prematuramente nel 2021, Terracina è stato Segretario della Camera del Lavoro di Senise e figura chiave nella costruzione dell’identità sindacale dell’area. Fu lui a dar vita al comprensorio della funzione pubblica Lagonegrese-Senisese, di cui fu anche segretario. E fu sempre grazie a lui se oggi la sede CGIL di Senise ospita una sezione zonale del CAAF.

Ignorare la sua figura in una cerimonia del genere non è solo un errore, ma una ferita. Una ferita per chi, come me, ha vissuto quegli anni e ha raccolto il suo testimone.

Nel 1997, a soli trent’anni, ebbi l’onore di iniziare a lavorare con lui, diventando operatrice CAAF e responsabile della Camera del Lavoro.

Da allora non ho mai smesso di crederci: ho portato avanti l’attività della sede per quasi trent’anni, con passione e dedizione. Senza contratto. Senza stipendio adeguato. Senza tutele. Solo con un distacco sindacale di cinque mesi l’anno.

Eppure, il mio impegno è stato reale, quotidiano, concreto. Ho gestito centinaia di pratiche: 730, disoccupazioni agricole, vertenze. Sono stata responsabile della sede CGIL di Senise, Segretaria Provinciale e Regionale della Flai. Tutto questo in un sistema che oggi definirei senza esitazione sfruttamento.

Ho sempre pensato – ingenuamente forse – che correttezza e coerenza alla fine avrebbero vinto. Ma mi sbagliavo.

Un anno fa, ho deciso di dimettermi dalla mia funzione politica. Non perché avessi smesso di credere nel sindacato. Ma perché era diventato impossibile operare. Le mie proposte cadevano nel vuoto:

  • avevo chiesto un evento pubblico contro la privatizzazione dell’acqua – tema più attuale che mai;
  • avevo proposto una commemorazione per i 40 anni dalla “presa del tappo”, simbolo di un riscatto senisese che non possiamo permetterci di dimenticare.

La risposta? Il silenzio.

Quel silenzio è la prova di un’organizzazione che si sta allontanando dai territori, che dimentica chi lavora davvero, chi ci mette la faccia, il tempo, il cuore.

E allora oggi, da fuori, rivolgo un appello forte alla CGIL nazionale, a Maurizio Landini:

liberate il sindacato da chi ha dimenticato la sua anima.

Perché non si può predicare giustizia se nelle proprie sedi si ignorano le persone, la memoria, i sacrifici.

Perché non si può parlare di diritti, se all’interno si praticano logiche di potere e dinamiche che somigliano fin troppo a quelle che – fuori – diciamo di combattere.

Il sindacato deve tornare ad essere una casa. Una casa vera.

Non un luogo di ingratitudine.

Perché la memoria è parte della dignità.

E senza memoria, ogni futuro è solo una recita vuota.

Con rispetto, amarezza e determinazione,

Pina De Donato

Già responsabile della Camera del Lavoro di Senise

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