San Carlo, cardiochirurgia ferma da tre settimane. Un uomo muore dopo un trasferimento: silenzio e domande senza risposta

Da quasi tre settimane il reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale San Carlo di Potenza è fermo: nessun intervento chirurgico, nessun nuovo ricovero. Tutto bloccato. Ma ciò che più colpisce è il silenzio totale: nessuna comunicazione ufficiale da parte dell’ospedale o delle autorità sanitarie.
A rompere il muro del silenzio è stato il quotidiano online Basilicata24, che ha riportato un episodio drammatico: un uomo in gravi condizioni, bisognoso di un intervento urgente, è stato trasferito d’urgenza a Foggia, dove purtroppo è deceduto il 6 giugno. La domanda che ora molti si pongono è inevitabile: se il reparto di Cardiochirurgia fosse stato operativo, quell’uomo si sarebbe potuto salvare?
Secondo quanto riferito dall’Azienda Sanitaria al quotidiano, il reparto è attualmente in difficoltà a causa dell’assenza contemporanea per malattia di tre cardiochirurghi. Una coincidenza sfortunata che ha paralizzato l’attività. “Abbiamo già reclutato nuovi specialisti – fanno sapere – ma non possono lavorare da soli. Serve ancora tempo”. Il reparto resta quindi sospeso, in una sorta di attesa forzata, in attesa del rientro dei medici titolari.
Nel frattempo, le emergenze vengono gestite grazie a una rete di supporto con gli ospedali di Foggia e Bari. Una soluzione temporanea, necessaria ma non priva di rischi, come dimostra il recente caso del paziente deceduto.
Secondo quanto riferito dall’ospedale, il reparto dovrebbe tornare operativo da lunedì 9 giugno, con il previsto rientro di alcuni medici. Resta però un nodo ancora irrisolto: il nuovo primario, figura centrale per la piena ripresa dell’attività, non ha ancora preso servizio.
Ma più delle difficoltà organizzative, ciò che lascia sgomenti è l’assenza di trasparenza. Nessuna comunicazione sul sito dell’ospedale, nessuna nota alla stampa, nessun avviso ai cittadini. Tutto tace, come se nulla fosse. Eppure, da settimane, qualcosa di grave sta accadendo, lontano dagli occhi della comunità.
Viene spontaneo chiedersi: non sarebbe stato doveroso informare per tempo i cittadini? Quando in gioco c’è la salute pubblica, non è forse un diritto essere messi al corrente della realtà?