CRONACA

Jfk, a 60 anni dalla morte una famiglia e un’America divise

A 60 anni dall’assassinio di Jfk, un Kennedy corre di nuovo per la presidenza degli Stati Uniti.

Ma la candidatura di Robert F. Kennedy Jr, omonimo del padre che venne ucciso tentando di conquistare la Casa Bianca, mette scompiglio nel clan di Camelot e nel Paese.

Cospirazionista, no-vax e in odore di antisemitismo, Rfk Jr. é stato messo all’indice da cugini e nipoti, anche per la scelta di sfidare da indipendente l’amico di famiglia Joe Biden.

Nella sfida tra l’attuale presidente e Donald Trump, i suoi seguaci (il 13% dell’elettorato secondo gli ultimi sondaggi) potrebbero fare la differenza in un’America polarizzata come mai dalla politica.

Ultimo erede di un clan per cui la politica é stata per decenni il mestiere di famiglia (sono rimasti solo Caroline, la figlia di Jfk, ambasciatrice in Australia, e il bisnipote Joe III, inviato speciale in Irlanda del Nord), Rfk Jr. turba il giorno della memoria in un momento in cui, secondo la Gallup, il tasso di approvazione postumo dello zio Jfk e’ salito al 90%, un record tra i presidenti del dopoguerra.

L’anniversario é listato a lutto, tra apprezzamenti e polemiche mai sopite di chi alle pallottole solitarie di Lee Harvey Oswald non ha mai creduto.

Ad alimentarle c’é su Paramount+ il documentario “What the Doctors Saw,” in cui parlano sette medici che si trovavano al Parkland Hospital dove Kennedy venne ricoverato: alcuni affermano di aver visto una ferita nel collo che cambierebbe la tesi dell’unico cecchino avvalorata dalla Commissione Warren.

Per molti resta un mistero: Biden non ha aiutato a dissipare i dubbi quando in giugno ha rinviato per motivi di sicurezza la divulgazione di migliaia di file, alimentando, a distanza di 60 anni, i sospetti sul delitto più indagato del secolo.

Quel 22 novembre 1963 a Dallas l’America perse la sua innocenza, quando il giovane presidente venne ucciso nelle braccia della moglie Jackie vestita di rosa: come le bombe di Pearl Harbor e il crollo delle Torri Gemelle, l’assassinio resta nella memoria globale come uno di quei rari momenti in cui chi era vivo all’epoca ricorda esattamente dov’era e cosa stava facendo.

A rinfrescare la memoria degli altri ci sono mostre come ‘Two Days in Texas’, al Sixth Floor Museum di Dealey Plaza a Dallas, che ripercorre le tappe che portarono Jfk sul luogo dell’ assassinio.

Il museo texano ha collaborato anche con il National Geographic per una docuserie che ha il pregio di recuperare voci dimenticate: come quella di Peggy Simpson, l’unica donna reporter della Associated Press in Texas e una testimone oculare dell’assassinio di Oswald che non era mai apparsa in video.

ANSA

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