CRONACA

Lavoratori Ex TIS e RMI , la regione Basilicata avanti con le proprie idee, ma i lavoratori non sono d’accordo

La regione basilicata, l’Assessore Galella e il Presidente Bardi, sono spediti verso la loro “riforma” che  riguarda i 1800 lavoratori Rmi e Tis (Tirocini di inclusione sociale) che da un mese sono in presidio davanti alla Regione Basilicata per dire no al tentativo dei vertici regionali di far rientrare la platea all’interno di cooperative, per ora solo fantomatiche.  Neanche dopo l’incontro  con i sindacati di categoria si sono diradate le nubi sul loro futuro.

Lo scordo 13 aprile la regione per il tramite dell’ARLAB ha pubblicato l’ Avviso Pubblico – Azioni di sostegno a persone disoccupate di lunga durata fuoriuscite dalla platea RMI  e TIS e ai rispettivi nuclei familiari –  Manifestazioni di interesse da parte di soggetti del terzo settore (ETS) per la coprogettazione . Manifestazione di interesse ad ospitare Tirocini di inclusione e di inserimento/reinserimento rivolta a soggetti privati.

Quindi ora la “palla” si passa alle cooperative, ma i lavoratori nutrono forti dubbi, molte le proteste anche tramite i social per questa decisione, ricordiamo che ancora bisogna attendere se le cooperative faranno richeste e quante richieste,  visto i numero degli addetti, ma la protesta riguarda anche i dubbi di tale proposta. Infatti molti tirocinanti fanno ricordare agli addetti ai lavori, quanti corsi di formazione negli anni si sono svolti in regione ma senza portare benefici a nessuno, anzi a pochi, i soliti.  Nonostante questo sperpero di denaro pubblico che ha arricchito solo pochi, la regione basilicata da anni ha il tasso di disoccupazione più alto, nonostante le tante risorse.  Ora si vuole fare questo passo indietro per favorire chi?, certo non i lavoratori ex TIS e RMI.

Nel 2010, spiega Franca, sul quotidiano Basilicata24,  ho lavorato per 6 mesi con una cooperativa di pulizie ed operavamo al don Uva di Potenza”. La sua è stata un’esperienza da dimenticare. “Lavoravamo 4 ore al giorno, io in Ortopedia, e la paga era di 550 euro mensili”. Per arrotondare “davo la mia disponibilità così riuscivo a fare anche dei turni oltre, ma massimo riuscivo a prendere intorno ai 680 euro, e con una fatica immane”. Non solo. “Ci pagavano solo con piccoli acconti, sottolinea, e così dopo 6 mesi avanzavo 2500 euro”. La cooperativa “dichiarò fallimento e fu complicato recuperare tutti i mesi arretrati. Alcuni miei colleghi neanche sono stati pagati. Un disastro”.

“UN LAVORO POCO DIGNITOSO” Da quella esperienza Franca ne è uscita con le ossa rotte. Dopo diverse esperienza non continuative, nell’ottobre 2017 è rientrata tra i lavoratori Rmi, 550 euro al mese per curare il verde pubblico, e altro, a San Chirico Nuovo. Anche questa, un’esperienza non proprio positiva. “Tra le altre cose, lo scorso anno ho perso mia madre e mia sorella, entrambe di malattia”, racconta, addolorata. Da febbraio a luglio ha fatto su e giù per ospedali e quei 5 mesi non ha ricevuto neanche un euro. “Se non firmiamo e lavoravo non riceviamo nulla per contratto, è un lavoro poco dignitoso”. A nulla sono serviti i suoi tentativi di recuperarle in seguito, quelle ore perse. “Non c’è stato niente da fare, di fronte ho trovato il muro della burocrazia e del Comune”. Lo scorso anno, rimasta sola a San Chirico, Franca ha chiesto di trasferirsi a Tito, dove gli è rimasto un pezzettino di famiglia. Ora risiede lì. “Ho trovato un ambiente molto più accogliente e affianco il personale Ata in una scuola. Mi trovo bene, ma non è il lavoro a spaventarmi, tutt’altro”.

“Avendo già operato in questo tipo di realtà vi dico come andrebbe a finire, assicura,. Le cooperative batteranno cassa alla Regione, poi consumerebbero il bottino e noi ci ritroveremmo in bilico in un anno o poco più. Una volta fallite, chiederanno altri soldi e la Regione dirà loro di averle già remunerate. Sempre noi ci andremmo di mezzo, trovandoci a quel punto per strada”. Franca si batterà con tutti i mezzi per cercare un’altra via. “Ciascuno di noi ha acquisito competenze in questi anni, potremmo essere inseriti in Enti, o scuole, in base al curriculum maturato. È su questa strada che si dovrebbe muovere la Regione”.

Prima di abbattersi in un qualcosa che porterà benefici a pochi,  e a non a risolvere la probblematica,  i lavoratori, anzi “beneficiari” come li definisce l’Assessore Galella,  fanno notare al Presidente Bardi,  di mantenere le promesse  “creare le giuste condizioni per dare concrete soluzioni”.

 

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