CRONACA

“La Regione Basilicata scarica circa 1400 famiglie” del Reddito minimo di inserimento

Pubblichiamo  la nota di Filippo Arbace Zingariello, presidente Associazione “Comitato Lucano Rmi- Reddito Minimo di inserimento”.

Il 14 novembre 2019 un gruppo di colleghi, beneficiari di una misura regionale istituita da una Legge regionale del 18 agosto 2014, il Reddito Minimo d’Inserimento, decideva di costituire un’associazione di categoria denominata Comitato Lucano RMI-TIS. L’esigenza di “fare gruppo” era dettata dalla natura della platea di riferimento e dalla tipologia di impiego.

L’associazione, nata con l’intento di contribuire ad analizzare le problematiche di tipo territoriale e sociale, oltre che di collaborare alla tutela delle fasce deboli, al miglioramento del benessere generale e della qualità della vita, tutto per concorrere al raggiungimento di quella pace sociale, che tutta la Società Civile anela acquisire e aveva in progetto di svolgere, ma ha realmente svolto, un’attività di counseling offerta ai propri soci spesso in balia di non ben precisate funzioni, che si erano manifestate al pari di un lavoro di responsabilità, mal retribuito, senza copertura previdenziale e unilateralmente inteso a favore delle Amministrazioni Pubbliche.

L’associazione Comitato Lucano RMI da quel momento si è anche impegnata in un puntuale dialogo e confronto con le Istituzioni, oltre che con l’Agenzia Regionale per il Lavoro (A.R.L.A.B.), anche e soprattutto in quel momento difficile e delicato di emergenza da pandemia Covid 19, infatti, i Componenti del Consiglio Direttivo si sono spesi per supportare e garantire il servizio del Reddito Minimo d’Inserimento, scongiurando “scioperi” e rinunce dei colleghi impegnati nel loro pubblico servizio, automunendosi dei Dispositivi di Protezione Individuale, ma anche di prodotti per l’igiene, lì dove i Comuni non avevano avuto la possibilità di fornirli e travalicando le difficoltà oggettive, riscontrate nell’impossibilità di accesso al sostegno economico per la categoria, sempre e costantemente sfavorita nei sussidi concessi dallo Stato e molte volte non concessi dai Comuni lucani in deroga al principio che un beneficiario RMI già otteneva un sostegno al reddito!

Questa categoria raggruppa una variegata tipologia di persone dall’operaio alla ragazza madre, dalla partita iva stritolata dalla crisi del 2008 al laureato in cerca di occupazione, al disagiato sociale, a professionisti perdenti lavoro. Individui, nella maggior parte dei casi, abituati a darsi da fare nel privato e in cerca di quella dignità che soltanto il lavoro può dare.

Donne e Uomini responsabilizzati dalla propria funzione sociale, così
tanto da sacrificare la propria vita per sancire il proprio ruolo nella società, come Antonio Melfi morto in una discarica di Pisticci o il compianto amico Franco Marino affogato in un condotto di scolo di acqua piovana nell’intento di liberarlo.

Eppure il 14 dicembre 2022 la Regione Basilicata avvia con una Delibera di Giunta, la n. 874, la cosiddetta “Fuoriuscita dal RMI”: un progetto atto ad azzerare cinque anni di formazione sul campo, di professionalità acquisite e capacità individuali sia nei lavori destinati alla Sostenibilità Ambientale dalla manutenzione del verde pubblico, alla manutenzione delle strade, alla salvaguardia del patrimonio comunale con la cura, il mantenimento e la custodia degli immobili comunali, sia nelle attività proprie della Pubblica Amministrazione, acquisendo o fornendo metodologie e competenze proprie delle attività sensibili alla Trasformazione Digitale e palesando l’inclinazione a lavorare per obiettivi nel contesto di attività in cui la collaborazione in team interni e con altre organizzazioni diventa fondamentale.

Vuol essere annullata, così, l’opera fornita da questi Lavoratori Socialmente utili, svolta sia in Uffici determinanti per l’andamento virtuoso della macchina burocratica comunale dall’Ufficio Tributi, al Protocollo, alla Toponomastica, all’Edilizia Scolastica, al Patrimonio, nei quali i beneficiari hanno espresso un’elevata propensione al lavoro per funzioni in alcuni casi accompagnata da competenze soft fino a quelle specifiche informatiche e sia, inoltre, in attività e servizi di Social Care, come il “Trasporto Sicuro” del Comune di Potenza, Progetto in cui alcune beneficiarie hanno accompagnato e stanno accompagnando i bambini trasportati nei pullman scolastici, garantendone e salvaguardandone l’integrità o in altri Progetti nei quali gli Anziani e le persone non autosufficienti, già sostenuti anche e soprattutto nel periodo di emergenza pandemica, vengono tuttora assistiti, da Senise a Bernalda, da Matera a Melfi.

Si vuol, quindi, distruggere questo indotto virtuoso ricominciando il percorso attraverso dei tirocini formativi di dubbia organizzazione o progetti di inclusione lavorativa presso non ben precisate Cooperative Sociali.

Ultimo danno oltre la beffa una clausola ben nascosta in un allegato alla famigerata delibera che impedisce ai beneficiari del RMI di integrare il “minimo reddito” (550 euro anche a famiglie di quattro persone magari una locazione da sostenere) con un ulteriore sussidio derivante al RDC, che pagati fitto e bollette consente di acquistare il minimo per sfamarsi.

Probabilmente all’Amministrazione regionale, oltre al mantenimento della residenza in Basilicata, non interessa nemmeno la sussistenza minima di queste circa 1400 famiglie e né il loro consenso elettorale, che ha contribuito in Basilicata a far vincere il centrodestra di alcune migliaia di voti e a Potenza di 200 voti, attinti non nei salotti del centro ma tra le periferie e i prefabbricati di Bucaletto, tutto in nome del “cambiamento”. Filippo Arbace Zingariello, presidente Associazione “Comitato Lucano Rmi”

Pulsante per tornare all'inizio