POLITICA

Midterm Usa, i repubblicani verso la conquista del Congresso

Trump nel frattempo ha dato appuntamento a Mar-a-Lago per il 15 novembre per "un grandissimo annuncio", che prelude alla sua terza corsa per la Casa Bianca. Biden: 'Forze cupe'

Per la prima volta dopo l’assalto al Capitol, un’America sempre più divisa è tornata alle urne nelle elezioni di Midterm per decidere il destino del Paese e in parte anche del mondo, lasciandolo forse appeso per giorni a causa di lungaggini dello scrutinio, contestazioni, riconteggi e minacce.

Si teme una lunga scia di caos, come quella che seguì le ultime presidenziali.

E una deriva populista, come ha messo in guardia Joe Biden attaccando l’ala trumpiana del Grand Old Party: “Stiamo affrontando alcune delle forze più cupe che abbiamo mai visto nella nostra storia.

Questi repubblicani Maga (acronimo dello slogan trumpiano ‘Make America great again’, ndr) sono fatti di un’altra pasta, questo non è il partito repubblicano dei nostri padri, è una cosa diversa”.

In gioco ci sono la sua agenda (compreso il capitolo clima che si sta discutendo alla Cop27 in Egitto), la tenuta democratica del Paese, gli aiuti all’Ucraina, la ricandidatura di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua presa sul partito repubblicano, che peraltro ha recuperato terreno tra afroamericani e ispanici su temi come l’inflazione e la criminalità.

Se, come indicano i sondaggi, il Grand Old Party riconquistasse la Camera (che si rinnova per intero) e forse anche il Senato, il presidente diventerebbe un’anatra zoppa per i prossimi due anni e sarebbe costretto a governare a colpi di ordini esecutivi tra mille difficoltà.

Uno scenario su cui scommette anche Wall Street, confidando che un “governo diviso” non promulghi leggi che possano danneggiare i profitti delle aziende. Secondo il sito Real Clear Politics (Rcp), alla House i repubblicani potrebbero già contare su 227 seggi (9 sopra il quorum di maggioranza) contro i 174 dei dem, con 34 corse testa a testa.

Al Senato – dove l’attuale parità di 50 a 50 è spezzata solo dalla vicepresidente Kamala Harris – la partita sarebbe 48 a 44 per il partito dell’Elefante, proiettato però a strappare almeno altri 3 scranni (Nevada, Giorgia e Arizona) sugli 8 in bilico.

Gop in vantaggio anche nelle corse per la carica di governatore in 39 Stati, con 18 su 24 sicure contro le 10 su 15 dei dem (11 i duelli incerti). Kevin McCarthy, che potrebbe diventare lo speaker della Camera subentrando ad una Nancy Pelosi già con le valigie in mano come ambasciatrice a Roma, ha già detto che non ci saranno più assegni in bianco a Kiev e che è pronto a lanciare nuove inchieste parlamentari contro il governo Biden, senza escludere procedure di impeachment.

Donald Trump nel frattempo ha dato appuntamento a tutti nella sua residenza di Mar-a-Lago per il 15 novembre per “un grandissimo annuncio”, che prelude alla sua terza corsa per la Casa Bianca: un modo anche per difendersi meglio dalle varie inchieste che lo incalzano.

Era tentato di farlo alla vigilia dell’Election Day per intestarsi l’attesa ondata rossa ma è stato dissuaso in extremis per non distrarre gli elettori.

La sua presa sul partito si misurerà sul successo o meno dei suoi candidati, soprattutto nelle sfide più in bilico per il Senato negli stati battleground, come la Pennsylvania, la Georgia, l’Arizona, il Nevada, ma anche il New Hampshire e il Wisconsin. Trump e il suo entourage hanno comunque già messo in guardia che i risultati devono essere certificati nella notte altrimenti diventano “sospetti”, spianando così la strada a possibili contestazioni, come è già accaduto in alcuni stati come la Pennsylvania.

Ma con molte sfide testa a testa e un record di oltre 45 milioni di voti anticipati non sarà facile. “E’ arrivato il momento di difendere la democrazia, il potere è nelle vostre mani”, è stato l’ultimo appello di un Biden malgrado tutto “ottimista”, convinto che i dem vinceranno al Senato mentre per la Camera, ha ammesso, “sarà più dura”; mentre se i repubblicani conquistassero l’intero Congresso saranno “due anni orribili”. Solo il regista e attivista americano Michael Moore, che nel 2016 fu tra i pochi a profetizzare la vittoria di Trump, prevede uno “tsunami blu” grazie ad una affluenza massiccia di giovani e donne.

ANSA

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