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Cyborg, per scelta o per necessità?

Cyborg, per scelta o per necessità? di Vito Coviello, Socio AIDR e Responsabile Osservatorio Tecnologie Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica.

Ci troviamo in un futuro non molto lontano dal nostro presente.  La  tecnologia è utilizzata per controllare tutto e tutti.

Il Meccanico  Grey Trace odia la tecnologia, ma la sua   la vita cambia in un attimo  quando sua moglie Asha viene uccisa da un gruppo di uomini   che nel  corso di una rapina dirottano la loro auto a guida automatica e lo  lasciano paralizzato sparandogli al collo.

Inizia per Grey un calvario: costretto alla sedia a rotelle, cade in  una profonda depressione.
La detective Cortez che indaga sull’incidente non riesce a far luce  sugli assassini.

Grey tenta il suicido ma il tentativo fallisce grazie al robot medico  che si rifiuta di somministrargli una dose letale.
Eron Keen, Capo dell’azienda Vessel specializzata in potenziamenti  biomeccanici, convince Grey a sottoporsi allo STEM, un microchip  sperimentale dotato di intelligenza artificiale che viene inserito  nella spina dorsale di Grey e funziona come un cervello secondario.

E’ STEM ora che cura Grey dalla paraplegia. Quando Grey fa ritorno a  casa, scopre che STEM è in grado di parlargli e si offre di aiutarlo  sull’indagine.

Grey stenta a crederci: un microchip può aiutarlo a scoprire chi ha  assassinato sua moglie e ha causato la sua paraplegia!

Ma STEM risale rapidamente a uno degli assassini, Serk Brantner,  grazie a un filmato ripreso la notte dell’assassinio da un drone della  polizia.

Grey scopre così che Serk faceva parte di un esperimento militare  segreto.  STEM aiuterà Grey a scoprire anche gli altri assassini.

Grey scopre dopo una lunga serie di peripezie che Eron è sotto il  comando di STEM e che quest’ultimo controlla ogni aspetto della sua  vita: STEM ha costretto Eron ad aiutarlo a diventare umano: Grey era  il soggetto ideale per la fusione biomeccanica.

STEM costringe ora Grey a uccidere Eron e sempre STEM/Grey spara alla  detective Cortez uccidendola e si incammina lontano.

E’ la trama di Upgrade, un film Australiano del 2018 scritto e diretto  da Leigh Whannell, con protagonista Logan Marshall-Green. La  fantascienza, si sa, a volte anticipa la realtà e altre volte ci fa  riflettere sulle possibili evoluzioni negative della scienza.

Diventeremo prima o poi tutti CYBORG?  Lo saremo per scelta o per  necessita? Avremo anche noi esseri umani dei microchip impiantati nel  corpo che ci coadiuveranno nelle faccende quotidiane? Davvero non  potremmo farne a meno? Siamo così lontani da quel futuro?

Senza voler entrare negli aspetti dell’etica e delle libertà umane di  cui tanto si discute, non potremo escludere che in futuro anche gli  esseri umani avranno impiantato nel corpo dei microchip: sono già  migliaia le persone che si sono sottoposti volontariamente a questo  tipo di impianto.

Il primo uomo a ricevere un impianto di microchip RFID fu o scienziato  britannico Kevin Warwick nel lontano 1998; Kevin è noto da allora come  il “Capitano Cyborg”.

Grazie a questo esperimento tramite un computer è stato possibile  monitorare Kevin Warwick mentre si spostava nel Dipartimento di  Cibernetica della Coventry University utilizzando un segnale  identificativo univoco emesso dal microchip impiantato.

Kevin poteva azionare porte, luci, e altri computer senza muovere un dito.

Sono trascorsi da allora vent’anni e tale tecnologia è stata messa in  commercio: sono migliaia le persone che hanno deciso di impiantare un  microchip RFID. In Svezia oltre 6.000 persone si sono sottoposte a  questo tipo di impianto.

Tra gli altri Paesi che hanno meglio risposto a questa novità ci sono,  oltre alla Svezia, gli Stati Uniti e la Germania.

Un microchip sottopelle può aprire le porte di casa e dell’ufficio,  consentire l’accesso a dispositivi digitali, può mostrare il proprio  titolo di viaggio sul treno e, perché no, pagare gli acquisti come già  si fa oggi utilizzando una normale carta di credito contactless.

Il microchip è dotato della tecnologia Nfc-Rfid (identificazione a  radio frequenza) passiva; non ha una batteria o altra fonte di  alimentazione e quindi non può trasmettere alcun segnale in modo  indipendente ma può essere dotato di protocolli di sicurezza avanzati.

Può essere hackerabile un microchip impiantato sottopelle?    Probabilmente sì, ma   sono considerazioni che valgono anche per i  nostri smartphone e per le carte contactless.

Il progettista di soluzioni IT Martin Lewin, svedese, si è fatto  impiantare due microchip sotto la pelle della mano con i quali può    accedere al computer, impostare l’allarme dell’ufficio e aprire il suo  profilo LinkedIn.

Martin sostiene che il vero punto di svolta tecnologico ci sarà  proprio quando   si potranno utilizzare massivamente questi microchip  come alternativa ai pagamenti in contanti, eliminando di fatto  l’esigenza di portare con sé il portafogli, il portachiavi e altre  carte eliminando contestualmente anche il rischio di perderli.

Quanto sopra non è fantascienza, ma una realtà: una startup del 2013,  la Biohax, non a caso fondata da uno svedese, sta lavorando per  stipulare accordi anche in Italia   e per farsi autorizzare  dall’istituto Superiore della Sanita ad impiantare microchip sottopelle.

Con un microchip sottopelle e con l’ausilio di una App potremo a breve  davvero aprire porte e accedere ai dati di un pc avvicinando la mano  al dispositivo e, in un futuro molto vicino, attivare dei metodi di  pagamento.
Saremo quindi tutti tracciati e individuabili?

Sembrerebbe di no  perché il microchip non ha il GPS e viene alimentato solo quando è  letto da un lettore e, pertanto, non emette frequenze  elettromagnetiche e non può essere rintracciato.

Ma non ci sono solo i microchip, ci sono anche i tatuaggi digitali:  BioStamp, ad esempio, è un tatuaggio digitale sviluppato dall’azienda  statunitense MC10.

Biostamp può essere stampato direttamente sul corpo ed è in grado di  raccogliere dati sulla temperatura corporea, sui livelli di  idratazione, sull’esposizione ai raggi UV e molto altro ancora. Come  con altri dispositivi indossabili, i dati poi   possono essere letti e  caricati su altri dispositivi.

Proteus è l’azienda statunitense che ha sviluppato una pillola con un  sensore incorporato.  Il sensore   funziona in tandem con un cerotto  indossato sulla pelle e, una volta ingerito, misura tutta una serie di  funzioni del corpo.

Ma torniamo al chip impiantato sottopelle e alle testimonianze di chi  ha accettato di impiantarselo: Ilgi Evecan è una manager svedese che  si è fatta impiantare il dispositivo e in una intervista del 2020 ha  dichiarato che è stato come avere un “pizzicotto”. Il microchip è  stato impiantato tra pollice e indice ed è invisibile.

Con il microchip Ilgi prenota i biglietti del cinema e del teatro,  paga il treno, entra nella palestra e fa tante altre cose come ad  esempio, trasferire ad altri i dati dei suoi contatti e altre  informazioni semplicemente avvicinando il suo chip allo smartphone  della persona a cui vuole trasferire i dati  (basta installare una  apposita app per consentire il trasferimento dati).

Quando prenderà piede anche da noi l’utilizzo di tale tecnologia,  saranno inevitabili i dubbi di carattere etico circa la protezione dei  dati personali e l’opportunità di utilizzarla.

Ma dovremmo anche renderci conto che già ora miliardi di utenti  condividono sui social ogni genere di informazione personale e un  microchip sottopelle non modificherebbe più di tanto la situazione.

Si potrebbe concludere dicendo che in un futuro nemmeno poi così  lontano, Il nostro corpo potrebbe diventare un “device” con il quale  condividere tutta una serie di dati e accedere ad una molteplicità di  servizi.

Non avremo più la necessità di portare con noi chiavi, portafogli e  carte quando facciamo jogging o quando andiamo a fare la spesa o ci  muoviamo per lavoro o per il nostro tempo libero.

Non è fantascienza ma è già una realtà: si diffonderà rapidamente  anche da noi?

Certo avremo tutti i nostri dubbi etici, ma quanti di  noi sostenevano che i cellulari erano dannosi e, quindi, da evitare  nel modo più assoluto e ora quasi nessuno ne può fare a meno?
Il futuro è già qui da noi, ma teniamoci lontani da STEM…

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