CULTURA E EVENTI

Intervista alla pittrice internazionale Ester Campese Di Laura Gorini

E’ un’ artista di fama internazionale la dolcissima pittrice Ester Campese in arte Campey. Tra i suoi numerosi estimatori è da annoverare anche il professor Vittorio Sgarbi. Ecco che cosa ci ha rivelato sulla sua persona e sul suo amore per l’ arte.

Ester, perché sei diventata pittrice?

E’ stato qualcosa davvero quasi di naturale. Ho trovato in questa modalità espressiva una mia identità che ho faticato a dire il vero a far emergere, nel corso della mia vita personale, anche perchè nonostante tutto sono abbastanza timida. Alla pittura mi ci sono pian piano appassionata e oggi non potrei viverne senza. La pittura è un piano di dialogo tra i tanti che abbiamo per esprimerci ed io mi sento felice quando mi sento in mezzo all’arte. Ancor di più quando tra le mie dita ho i pennelli e sono tra le mie tele. Provo a “parlare” con gli altri anche in questo modo che mi risulta forse più semplice e congeniale di altre forme, In arte mi sembra di essere compresa maggiormente e questo mi da gioia anche perchè non si creano fraintendimenti in cui non so, si potrebbe incorrere con la parola.

Quali basi o conoscenze bisogna possedere-a tuo avviso- per apprezzare un quadro?

Ti parlo per quel che mi riguarda ricollegandomi a quanto appena ti dicevo, per me prima di tutto un quadro deve saper comunicare qualcosa a chi lo guarda, al limite anche un solo cromatismo che risulta gradevole e anche, se vuoi, ai soli fini arredativi, ma è riduttivo a mio parere. Spesso per chi non è addentro all’arte il messaggio deve essere forte per “arrivare” immediatamente. Se invece parliamo di definizione di creazioni come opere d’arte c’è una grande differenza e lì devi avere quel minimo di preparazione, anche solo averla approfondita per passione, quindi quel minimo di nozioni di storia d’arte, dell’artista e dell’opera.

Quanto conta poi il gusto soggettivo?

Conta molto se soprattutto siamo in ambito di artisti emergenti e contemporanei. Se parliamo di capolavori di grandi maestri beh in questi casi è indiscutibile  Ci aiutano anche il fior fiore di critici e la letteratura stilata sui grandi dell’arte.

Credi che nel settore artistico possa esistere l’oggettività?

Come dicevo prima, se parliamo di capolavori è indubbio. Su artisti nuovi ed emergenti si può incorrere, anche per un critico, nella soggettività. Siamo esseri umani

Tu in che misura credi di riuscire a esserlo quando giudichi un’ opera?

Parto senza meno dal rispetto per ogni artista a prescindere dal suo livello tecnico raggiunto, magari, se me lo chiedono, indirizzandolo verso iniziative adatte al proprio livello e grado tecnico raggiunto. Cerco poi, se lo seguo, di scorgerne i progressi. Senza dubbio alcuni artisti sanno evocarti un’emozione, altri invece vogliono esprimere un concetto. Ho osservato nel tempo molti e molti lavori incantandomi per lo più per la bravura e capacità che essi hanno proprio nel trasferire il loro sentire. Ciò che valuto è sempre prima di tutto l’emozione che mi provocano. Sono allenata anche perchè vado a tantissime mostre davvero di tutti i livelli e mi piace osservare tutti i lavori realizzati. Se partecipo in primis come artista mi piace ci sia il confronto tra artisti ed anche con il pubblico che ti da un grandissimo ritorno anche spunti o correzioni di eventuali successivi lavori.

Quali sono i criteri che tendi ad applicare per capire se è di valore oppure no?

Ne valuto prima di tutto la gradevolezza dell’insieme, poi man mano scendo nei dettagli quindi osservo il tratto delle pennellate, le cromie ed accostamenti usati, il soggetto, lo stile pittorico e come questo è stato espresso. Cerco e studio, come dicevo prima, l’artista e la sua storia anche personale. Non è inscindibile -per esempio- se ha vissuto in paesi lontani dai propri che possano essere state  trasferite delle contaminazioni artistiche dei luoghi autoctoni in cui l’artista ha vissuto la sua vita ed esperienza e che in genere danno un risultato anche in arte con bellissimo esito. Non da meno è importante anche il supporto su cui l’artista ha dipinto ed è da considerare anche il materiale usato, che deve reggere il corso del tempo e l’usura ed eventualmente anche un restauro, dipende ovviamente dall’importanza dell’opera. Se l’artista usa materiale non idoneo o scadenti è evidente che poi l’opera reggerà meno bene al passar del tempo.

Ma il valore in se, in che cosa consiste?

Qui provocatoriamente, ma nemmeno poi tanto, mi rifaccio alla teoria di John Maynard Keynes , famoso economista britannico, e sulla teoria sull’utilità marginale ponderata, ovvero quella secondo la quale  si tende a distribuire la somma di denaro di cui dispone nell’acquisto di beni aventi prezzi diversi in modo che, a distribuzione avvenuta, le utilità marginali ponderate dei beni acquistati risultino eguali tra di loro. Vale anche il principio del Massimo Edonistico Individuale ,cioè l’impiego dei propri mezzi in modo da ottenere la massima soddisfazione dei propri bisogni .In sintesi ed in parole molto più semplici voglio dire che il valore alle cose siamo proprio noi a darlo ed in riferimento a quanto siamo disposti noi a spendere per acquisirlo in ragione se vuoi anche della rarità dell’oggetto stesso. Per questo molte opere acquistano maggior valore oltre la vita dell’artista dato che la produzione ne è forzosamente interrotta.

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