POLITICA

Nomine Ue, il Pse candida il Lucano Pittella alla presidenza del Parlamento

Gianni Pittella è il candidato dal Partito socialista europeo alla presidenza del Parlamento di Strasburgo. Il deputato del Pd attualmente è capogruppo dei socialisti e democratici – la seconda forza in aula dopo i popolari – e probabilmente sfiderà proprio il leader dei popolari all’Eurocamera, Manfred Weber, astro nascente della Csu, il partito bavarese gemello della Cdu di Angela Merkel.

La partita di Strasburgo ha una portata superiore rispetto alla presidenza del Parlamento in quanto inciderà sugli equilibri politici sui quali si reggono le istituzioni dell’Unione dalle elezioni europee del 2014. E può mettere in crisi la coalizione tra Ppe e Pse sulla quale attualmente poggia il funzionamento dell’Ue. “Non accetteremo mai un monopolio del Ppe – spiega Pittella – in questo momento non ci sono più le condizioni per mantenere viva la cooperazione con il Ppe, ma vogliamo tenere fuori la Commissione europea, che quindi avanzerà le sue proposte e dovrà accogliere i nostri suggerimenti per avere il nostro sostegno in Parlamento”. Dunque nulla sarà più scontato.

La candidatura di Pittella nasce dalla decisione del presidente uscente, Martin Schulz, di non correre per la seconda metà della legislatura in quanto la sua conferma era stata bocciata dai popolari, che ora rivendicano per loro la presidenza in linea con gli accordi stipulati nel 2014 all’atto della nascita della coalizione. Se però lo scranno più alto di Strasburgo andasse a Weber, i popolari resterebbero soli nella stanza dei bottoni dell’Unione visto che già guidano la Commissione con il lussemburghese Jean-Claude Juncker e il Consiglio con il polacco Donald Tusk.

I capi di Stato e di governo di centrosinistra invece pretendono almeno uno scranno, visto che anche gli eurodeputati socialisti nel 2014 hanno votato la fiducia a Juncker e poi i provvedimenti della sua Commissione. Tra l’altro Weber, in pole rispetto agli altri candidati popolari come il francese Lamassoure e l’irlandese McGuinnes, non potrà mai ricevere l’appoggio dei socialisti, che lo considerano un falco dell’austerity. I popolari comunque ufficializzeranno il 13 dicembre il loro candidato, con Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo, che resta defilato e sarebbe pronto ad accettare solo una candidatura istituzionale da parte della sua famiglia politica.

Il voto per la presidenza del Parlamento si terrà il 17 gennaio e fino a quel momento sarà campagna elettorale sfrenata, sempre che prima non arrivi – magari già al summit europeo del 15 dicembre – un accordo tra i leader sulla spartizione delle cariche. Ma se così non fosse Pittella – sostenuto da tutti i capi di Stato e di governo del centrosinistra a partire da Renzi e Hollande, nonché dai big socialisti in Commissione come Mogherini e
Moscovici- punta a prendere voti anche tra i Verdi, i comunisti del Gue e i conservatori. Senza escludere di spaccare lo stesso Ppe, magari portando a casa il voto di qualche parlamentare di Forza Italia o Ncd. Nessun dialogo giusto con la destra lepenista e con i populisti dello Ukip e del M5S. Scontati per Pittella i voti del gruppo socialista, che ha votato la sua candidatura all’unanimità sulla base di un programma tutto rivolto all’archiviazione dell’austerità in favore della crescita.

Se Pittella dovesse perdere, gli equilibri europei diventeranno ancora più fragili. A quel punto i leader del centrosinistra daranno l’assalto alla poltrona di Tusk, il cui mandato alla presidenza del Consiglio europeo scade a maggio. Senza però la certezza di riuscire a scalzarlo. Angela Merkel – nonostante la netta divergenza sui migranti, con Tusk schierato con il blocco dell’Est contrario alla solidarietà europea – non ha ancora deciso se mollarlo. Vuoi perché comunque i paesi dell’Est una rappresentanza ai piani alti dell’Unione la pretendono, vuoi perché in una possibile luna di miele tra Trump e Putin la durezza dell’ex premier polacco verso Mosca può tornare utile.

Ma a quel punto davvero, come minaccia Pittella, senza nessuna presidenza i socialisti trasformerebbero l’aula di Strasburgo in un Vietnam dove per i prossimi 30 mesi e per Juncker sarà difficilissimo far passare i provvedimenti del suo esecutivo. Un problema per il lussemburghese, che fin qui ha governato proprio concertando le sue misure con popolari e socialisti. Dal 1979, anno in cui è stato introdotto il suffragio universale per Strasburgo, nessun italiano ha mai presieduto il Parlamento europeo.

Fonte : www.repubblica.it

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