“Bolognetti: la lotta continua con l’azione nonviolenta e lo sciopero della fame”
Non importa il dove, ma conta quel che ti spinge ad agire e a lottare; conta ciò che hai nel cuore e nella mente, ciò in cui credi.
Facendo questa forse apodittica affermazione, inevitabilmente la memoria corre al mio amato Ernesto Rossi e ad una delle sue lettere dal carcere nella quale scrive: “Quante volte, poi, cercando la via delle Indie gli uomini han trovato l’America!
E per chi dà importanza ai valori spirituali, quel che conta non è tanto che abbian trovato l’una o l’altra cosa, ma che abbian mantenuta viva l’ansia della ricerca e la fede in qualcosa che supera la meschina vita quotidiana”.
A volte, in un mondo che sembra andare in frantumi, ci si sente come marinai a bordo di una scialuppa di salvataggio, consapevoli che occorre continuare a farla navigare anche quando il mare è in tempesta e l’approdo sembra non arrivare mai.
Quasi ogni sera, inizio la mia mia rubrica social “Buonanotte compagni” accendendo una candela, una luce che riscalda e che occorre far ardere perché, soprattutto quando cala la “notte”, quella fiamma per me rappresenta ciò che è necessario far vivere: la democrazia, lo Stato di diritto democratico, i diritti umani.
La mia è sempre stata fame di giustizia e libertà, e certo di parole ormai desuete quali “giustizia sociale”.
Quel che conta, anche se come nel mio caso vivi alle pendici di uno dei massicci, dei picchi più belli del Parco nazionale del Pollino (il Monte Alpi), è ciò che hai nel cuore e nella mente. Conta avere la forza di saper non barattare le convinzioni per ciò che potrebbe essere conveniente e conta, eccome se conta, provare a nutrire le cose in cui credi.
E anche se ad alcuni potrà apparire strano o paradossale, in un tempo che non è certo tempo di riflessione e di pensiero, nutrirle anche attraverso la fame e la sete. Fame e sete di giustizia e libertà, di diritti e democrazia.
Occorre dar corpo, gambe e braccia a ciò in cui credi, affinché le parole prendano vita e si incarnino, e l’indispensabile dialogo per chiedere il rispetto di un diritto venga alimentato dalla forza che provi incessantemente a trasferire ai tuoi interlocutori.
Sono alcuni degli strumenti del Satyagraha, parola sanscrita che sta a significare “fermezza nella verità” o “insistenza nella verità”. È stato del resto scritto che “il combattente nonviolento sfida l’ingiusto a mani nude, senza armi, e si espone alle sue rappresaglie opponendo solo la forza della verità”.
La mia azione nonviolenta, con la quale sto nutrendo il mio Satyagraha, continuerà ad oltranza; ho solo deciso che dalle 23.59 di questa sera (sabato 21 novembre), anche per onorare i tanti che hanno scritto alla Commissione di Vigilanza sui Servizi radiotelevisivi, tornerò dal digiuno allo sciopero della fame.
Anche un modo, se volete, per darmi tempo e soprattutto per dar tempo ai miei interlocutori. Lo sottolineo: l’azione prosegue ad oltranza; l’unico cambiamento, per ora, è il ritorno allo sciopero della fame.
Potrei chiuderla qui, ma visto che ho parlato di mari e scialuppe voglio condividere un piccolo stralcio di uno dei più bei canti di Walt Whitman: “Naviga mio libro! Spiega le tue bianche vele, piccola barca, traverso le onde imperiose, e canta, e naviga, e da parte mia reca all’azzurro infinito, per i mari universi, questo mio canto per marinai e navi”.
