Morto Remo Girone, indimenticato Tano Cariddi de La Piovra

C’è una sorta di ironica condanna che spesso accompagna i grandi attori: quella di essere ricordati da tutti per un solo ruolo, quello che li ha consegnati alla memoria popolare.
È il caso anche di Remo Girone, scomparso oggi nel Principato di Monaco, dove da anni viveva serenamente insieme alla moglie, l’attrice Victoria Zinny.
Per il grande pubblico, resterà per sempre Tano Cariddi, il potente, oscuro e implacabile uomo d’affari colluso con la mafia, protagonista di molte stagioni de La Piovra, la serie che ha fatto la storia della televisione italiana. Un ruolo talmente iconico da oscurare, almeno agli occhi dei più, un’intera carriera ricchissima, costruita con dedizione, talento e un’inconfondibile eleganza.
Eppure Remo Girone era molto di più. Nato ad Asmara, in Eritrea, nel 1948, aveva iniziato giovanissimo a calcare le scene teatrali africane, attirando l’attenzione della stampa locale.
Trasferitosi in Italia a 13 anni per studiare, abbandonò presto l’università per seguire la passione per il teatro all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, dove si formò sotto la guida dei più grandi maestri. Amava Čechov sopra ogni altro, ma affrontò con naturalezza e talento i testi di Shakespeare, Miller, e tanti altri.
Il cinema lo accolse quasi per caso nel 1974 con L’anticristo di Alberto De Martino, accanto a nomi del calibro di Carla Gravina, Mel Ferrer, Alida Valli e Umberto Orsini.
Ma fu il regista ungherese Miklós Jancsó a notarlo davvero, scegliendolo per Roma rivuole Cesare, realizzato per la televisione nello stesso anno.
Poi arrivarono ruoli via via più incisivi: Marco Bellocchio lo volle nel 1977 per Il gabbiano, tratto proprio da Čechov. E da lì in poi, Girone è stato volto, corpo e voce di più di 50 film e altrettante produzioni televisive, lavorando con registi come Pasquale Squitieri, Damiano Damiani, Ettore Scola, Riccardo Milani.
Poliglotta, con una voce calda e inconfondibile, Girone è stato apprezzato anche a livello internazionale: da James Mangold a Ben Affleck, da Jacques Rivette a Tom Tykwer, fino ad Antoine Fuqua, che lo ha diretto nel 2023 nel blockbuster The Equalizer 3, dove interpretava un medico gentile e saggio, molto vicino alla sua vera natura.
Eppure il nome di Tano Cariddi resta incollato al suo, anche perché, come raccontava lui stesso, fu un personaggio costruito con profondità: “Venivo da Delitto e castigo, dove interpretavo Raskol’nikov, un uomo che si sente al di sopra della morale comune.
Molto di lui è finito in Tano Cariddi”, aveva ricordato recentemente. Ma, spiegava anche, non ha mai scelto i personaggi in base alla loro bontà o malvagità: “Un personaggio è importante se fa muovere la storia.
La qualità morale non è il criterio. È il peso narrativo che conta. Se il ‘cattivo’ è debole, il film perde forza”.
Negli ultimi anni, però, Remo Girone aveva mostrato spesso il suo lato più tenero e riflessivo, interpretando figure cariche di umanità: dal libraio di Il diritto alla felicità di Claudio Rossi Massimi, al sacerdote di Il mio nome è vendetta di Cosimo Gomez, fino al medico compassionevole in Equalizer 3.
Ruoli che mettevano in luce la sua capacità di essere credibile tanto nei panni del villain quanto in quelli dell’uomo giusto e buono.
Se ne va un attore raffinato, misurato nei modi, sempre gentile. Un italiano anomalo, come qualcuno lo ha definito, che amava i libri, il teatro, il cinema dei giovani registi.
Una voce inconfondibile, una presenza discreta e intensa. E forse è giusto così: mentre tutti continueranno a ricordare Tano Cariddi, noi preferiamo salutare Remo Girone per quello che era davvero — un signore del palcoscenico, un maestro di sobrietà, e un interprete profondo dell’animo umano.
ANSA
