Dopo la pace con Macron Meloni convoca un vertice sulla Nato
Annuncio del 2% al summit. Tajani, ponte Italia-Ue-Usa sia solido

All’indomani della pace siglata con Emmanuel Macron, Giorgia Meloni ha presieduto un vertice di governo incentrato sui temi della Nato.
Due fatti legati da un filo conduttore. Perché il riavvicinamento tra la premier e il presidente francese è stato anche dettato dalla necessità di fare fronte comune in Europa davanti ai timori di netti smarcamenti di Donald Trump dall’Alleanza Atlantica, parte di una strategia che il presidente americano non ha nascosto negli ultimi mesi e che potrebbe giungere al momento della verità in occasione del summit del 24 e 25 giugno all’Aja.
In quella sede Meloni annuncerà il raggiungimento della soglia del 2% delle spese militari rispetto al Pil, impegno che sarà assicurato anche prima al segretario generale della Nato Mark Rutte, ospite della presidente del Consiglio il 12 giugno.
L’intenzione, a quanto si apprende dopo la riunione riservata, è stata confermata al tavolo dei ministri riuniti nel pomeriggio a Palazzo Chigi, Antonio Tajani (Esteri), Matteo Salvini (Trasporti), Guido Crosetto (Difesa), Giancarlo Giorgetti (Economia) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy).
È l’obiettivo dichiarato dal governo in questi mesi, raggiunto includendo nuove voci ai capitoli di spesa, compatibili con i parametri Nato, che sono diversi da quelli della Commissione Ue, in base ai quali – come affermato da Bruxelles nel documento sulle raccomandazioni all’Italia, nell’ambito del Semestre europeo – la spesa per la difesa è prevista all’1,3% del Pil sia nel 2024 sia nel 2025.
Italia e Francia non sono fra i 16 Paesi Ue che hanno chiesto deroghe al Patto di stabilità per aumentare le spese della Difesa, nell’ambito del pacchetto ReArm-Readiness.
E non è l’unico aspetto su cui appaiono allineate dopo l’incontro del disgelo, seguito a mesi di tensioni fra i due leader.
All’indomani sono arrivati i ringraziamenti di Macron a Meloni per “un ottimo incontro che ci ha permesso di approfondire il nostro coordinamento per far avanzare insieme l’agenda franco-italiana ed europea.
L’Europa si costruisce attraverso il dialogo e l’azione”. La premier ha definito il lungo faccia a faccia “molto utile per rafforzare il dialogo e il coordinamento tra Italia e Francia di fronte alle crescenti sfide comuni”.
Il bilaterale è andato bene, secondo il bilancio che circola in ambienti di governo: i due avrebbero stabilito che, al di là delle posizioni che possono essere diverse, il dissenso deve restare entro certi limiti.
E comunque tra i fedelissimi della premier si osserva che già era una vittoria ricevere la visita del francese. Di certo il bilaterale non è stato di quelli accompagnati da valanghe di commenti entusiasti nel centrodestra. Particolarmente freddi, dietro le quinte, quelle dei leghisti, che hanno in Macron uno dei bersagli internazionali privilegiati.
Ora le convergenze annunciate saranno messe alla prova dai prossimi snodi geopolitici, dai negoziati sull’Ucraina e quelli fra Ue e Usa sui dazi, con il summit Nato che arriverà dieci giorni dopo quello, non meno delicato, del G7 in Canada. “Ognuno sussurra ad un’orecchio del presidente americano” è la sintesi che ha fatto la tv francese BFM: “Macron sull’Ucraina, Meloni sui dazi”.
Sul tavolo ci sarebbe anche l’invito al presidente francese a partecipare alla conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina organizzata dall’Italia a luglio. “Non sappiamo ancora” se parteciperà, “c’è ancora tempo”, ha spiegato Tajani.
“Noi – ha sottolineato il vicepremier – dobbiamo fare di tutto perché il ponte tra l’Italia e l’Europa e gli Stati Uniti rimanga un ponte solido. A volte bisogna anche avere una posizione ferma, non dobbiamo dire sempre sì.
Su alcune questioni gli americani hanno ragione, penso alle spese per la Difesa, perché noi abbiamo speso sempre meno di quanto hanno speso loro ed abbiamo sempre avuto la loro protezione. Ora noi abbiamo anche il dovere di proteggerci da soli, fare il secondo pilastro della Nato”.
Meloni-Macron, il vertice del disgelo a palazzo Chigi
Il sostegno “incrollabile” all’Ucraina e la “forte convergenza” per imprimere una accelerazione all’agenda europea per la competitività, dall’automotive all’energia.
E l’impegno, reciproco, a “coordinare le proprie posizioni” sulle relazioni transatlantiche e sulla “sicurezza economica e commerciale dell’Unione europea”. Leggi nei rapporti generali con Donald Trump su tutti i dossier, in primis i dazi. Senza fughe in avanti, da parte di nessuno.
E’ durato oltre le previsioni della vigilia, all’incirca tre ore, il faccia a faccia tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Concluso dopo una cena – che sarebbe stata apprezzata dalla delegazione francese – con un comunicato congiunto di una pagina che entra nei dettagli dei comuni interessi europei ed è molto stringato, invece, nel passaggio sul Medio Oriente (dove non vengono citati esplicitamente né Israele né Gaza).
Mentre arriva l’atteso riferimento a quel Trattato del Quirinale entrato in vigore nel 2023 e che sarà invece oggetto di un “aggiornamento degli obiettivi” già a partire dal prossimo incontro bilaterale, già fissato per l’inizio del 2026 questa volta a Parigi. Il presidente francese arriva a Palazzo Chigi con un quarto d’ora di ritardo sull’agenda. Nell’attesa, davanti al tappeto rosso, è un continuo di scatti e di flash.
“E’ il parterre delle grandi occasioni, c’è molto interesse per questo bilaterale” scherza Giorgia Meloni rivolta al “plotone” di fotografi poco prima di accogliere Macron. Con grandi sorrisi, le mani strette a lungo, baci sulle guance e qualche parola sussurrata all’orecchio.
A dividerli c’era soprattutto l’atteggiamento da tenere con l’amministrazione americana, sui dazi come sul destino di Kiev, per cui i due nella nota congiunta auspicano “una soluzione equa e duratura”. Nessun accenno alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina o ai formati, come quello dei “volenterosi”, con cui approcciare a livello internazionale il cammino verso la pace su cui negli ultimi mesi si erano misurate le distanze tra Roma e Parigi.
E proprio per appianare divergenze finora complicate da ricomporre, e verificare che si possa “procedere insieme sulle questioni essenziali”, come aveva fatto sapere alla vigilia l’Eliseo, il presidente francese aveva promosso la sua visita in Italia. Dedicata esclusivamente al bilaterale con la premier – che dura “a lungo” come notano dai piani alti del governo.
Tra i due il colloquio è franco, e la premier, stando ai meloniani, avrebbe chiesto al capo di una nazione che ha definito “amica”, oltre che alleata, di evitare di incorrere ancora in episodi, come l’oramai famigerata foto di Tirana, che ha reso plastico lo scontro. “Pari dignità” se si vuole andare d’accordo, il messaggio recapitato al presidente francese, che si intrattiene a Palazzo Chigi fino a tarda sera.
Poi la ripartenza per Parigi, senza dichiarazioni alla stampa. Poco prima di ricevere il francese, Meloni aveva avuto uno scambio di circa un’ora con Robert Fico. Su Gaza e della necessità di un “cessate il fuoco” che vale altrettanto per Kiev.
E che non tutti i Paesi europei, nella visione del primo ministro slovacco, sembrano volere davvero, convinti che “continuare la guerra sia il modo per danneggiare la Russia”.
Col leader nazionalista di Bratislava la premier aveva parlato anche della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina – che si terrà a Roma a luglio – per la quale confida in una nutrita presenza internazionale.
Magari anche dello stesso Macron. Un’Europa “più sovrana, più forte e più prospera, soprattutto orientata alla pace e capace di difendere i propri interessi e di proteggere i propri cittadini” è la prospettiva che i due condividono “fedeli al loro ruolo di nazioni fondatrici”, si legge ancora nel comunicato.
In cui si specifica che c’è “forte convergenza” sulla nuova agenda Ue, per accelerare “sulla semplificazione normativa, sugli investimenti pubblici e privati, sull’energia e sulla piena applicazione del principio di neutralità tecnologica”.
Ma pure sui settori in transizione (oltre all’auto viene citata la siderurgia) e su quelli “più avanzati, come l’intelligenza artificiale, le fonti di energia decarbonizzate rinnovabili come il nucleare, e lo spazio”.
Collaborazione ci sarà anche “sul prossimo quadro finanziario pluriennale, sulla migrazione, sull’allargamento e sulle riforme”.
ANSA